Un'altra vita all’improvviso - Come farsi catapultare impreparati nel mondo di Jane Austen - Capitolo 13 • Barbara Mapelli
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Un’altra vita all’improvviso – Come farsi catapultare impreparati nel mondo di Jane Austen – Capitolo 13

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Romanzo a puntate scritto da Barbara Mapelli

Versione alternativa di "Orgoglio e Pregiudizio"


Capitolo 13

Il Diario di Sara

 

Mercoledì 25 otobre 1797

Devo dir che le robe no xe ’ndade come me spetavo. La siora Bennet la me ga scrito disendome che no la pol mandarme ’na caroza per mi e per Jane. Dovemo spetar fin sabato!
No go nisuna intenzion de star ’ncora qua in sta casa. Gavevo convinto Jane a domandarghe ’na caroza a Charles. Visto che ’l va in brodo de sisole ogni volta che la vedi, pensavo che ’l acetasi la nostra richiesta. Inveze no. A la fine la richiesta xe ’ndada a svodo, ga rivado a convinzerla de restar un altro giorno. Charles ga tirà fora ventimila scuse per farla restar: no te son guarida, te ciapi zima, no xe prudente e bla, bla, bla… Se ’ndava avanti cusì, la convinzeva a restar ’na intiera setimana.
Ripensandoghe, iera meio che ghe domandavo a la squinzia, nel giro de pochi minuti gavevimo za la coroza per partir. Se fosi per mi saria ’ndada anca a pie, ma Jane no se la sentiva propio.
Se no nasi gnente altro, se parti doman matina.


 

P

er tutti gli ospiti di Netherfield la giornata passò con molta tranquillità. La partenza era programmata per l’indomani e non c’era niente che ostacolasse i piani di Sara per il loro ritorno a Longbourn. Nel pomeriggio Mr Bingley cercò ripetutamente di persuadere Jane ad allungare la loro permanenza ancora di qualche giorno, ma fu del tutto inutile. La proposta di Charles venne rifiutata con enorme gioia di Miss Bingley. Persino Mr Darcy fu lieto della notizia, anche perché credeva che l’allontanamento da quella stessa casa di Miss Sara avrebbe giovato molto al suo equilibrio. Era convinto che non vedendola, si sarebbe riappropriato della sua vita, dei suoi progetti futuri e non avrebbe più pensato ai suoi begli occhi. In tutti i modi cercò di non rivolgerle la parola, se non qualche breve saluto. Evitò tutti quei comportamenti che l’avrebbero avvicinato ancora di più a lei e stette il più lontano possibile dal suo sguardo magnetico.
   Sono felice che Miss Sara lasci finalmente Netherfield, pensò Darcy, potrò dedicarmi a cose ben più interessanti nella mia vita e non più alle solite discussioni intriganti di una gentildonna austriaca. Devo stare in guardia, ho dedicato fin troppe attenzioni a Miss Sara. La posizione del mio rango all’interno della società, richiede dei sacrifici che devo rispettare. La condizione sociale di Miss Sara non mi permette di andare oltre a una semplice e lontana amicizia. Non so nemmeno se Missa Sara provi qualcosa per me. Con molta probabilità mi detesta e mal sopporta il mio carattere, me lo ha fatto capire molte volte con e senza parole. Devo dimenticarla. E poi a chi mai gioverebbe un matrimonio di questo tipo? Solo a Miss Sara e a nessun altro. Devo tutelare il patrimonio della mia famiglia e non posso permettermi che un’incantevole donna come lei metta a repentaglio il mio rango sociale. Sono riuscito ad evitarla il più possibile. È un ottimo inizio per riuscire a dimenticarla. 

   «Mi chiedevo dove foste finito», esclamò Mr Bingley appena entrò nella biblioteca. «Se non vi conoscessi penserei che vi stiate nascondendo». 
   Per la verità sì, ma vorrei essere lasciato in pace. «Nascondersi? Lo sapete che amo la tranquillità e leggere un buon libro è una cosa che mi rilassa».
   «Oh, suvvia Darcy! Siete sempre così preso dai vostri impegni personali che non riuscite a godervi la vita. Stiamo uscendo tutti per una passeggiata, che ne dite di venire con noi?»
   «Mi dispiace, ma con enorme rammarico devo rifiutare la vostra proposta».
   «È una giornata davvero splendida, come potete dire di no?»
   Accettare l’invito del suo amico significava dover stare vicino a Miss Sara e voleva evitarlo. «Charles, mi devi scusare, ma credo che resterò qui in biblioteca. Ci sono alcuni documenti che devo ancora visionare e lo devo fare in questi giorni. Sarei felice se porgerete le mie scuse a tutti».
   «D'accordo, se questo è il vostro volere», rispose Charles deluso. «Ci vediamo più tardi. E non lavorare troppo». 
   Il momento della tanto attesa partenza arrivò. Venne portata la carrozza e dopo i saluti di rito, Jane e Sara partirono. La tranquillità fece ritorno a Netherfield e tutto ritornò come prima. Charles si dispiacque molto per la partenza della sua amata Jane e si ripromise che sarebbe andato a trovarla prima del ballo. Non era dello stesso avviso il resto della compagnia, i quali furono ben felici di ritornare alle loro occupazioni senza doversi preoccupare più di tanto dei loro ospiti. La vivacità della casa fu sostituita da un silenzio assordante come se non ci fosse stato nient’altro prima di quel momento. 
   Quando Sara e Jane fecero ritorno a casa non furono ricevute da Mrs Bennet come si aspettavano. La madre di Jane fu sorpresa nel vederle arrivare e se la prese con Sara dicendole di aver fatto male nel riportare sua figlia poiché era sicura che si sarebbe ammalata di nuovo. A nulla valsero le difese di Jane nei confronti della sua amica per far cambiare idea alla madre. Sara comprendeva molto bene le ragioni del suo risentimento: con il ritorno a casa di Jane, il suo piano si era concluso prima del previsto. Per fortuna il suo morale fu risollevato dalle parole di Mary e Mr Bennet che furono ben lieti di rivederla. Vollero sapere tutto del suo soggiorno a Netherfield. Sara gli raccontò molte cose, di come aveva curato l’influenza di Jane e salvato la vita di Mr Hurst, di come aveva conquistato l’amicizia di Mrs Hurst e di quanto noiosa possa essere la vita dell’alta società. Aggiunse il suo punto di vista sul rapporto di amore tra Jane e Charles e di come il loro rapporto sembrava essersi rafforzato. Questo significava solo una cosa: matrimonio.
   Durante il suo racconto Sara dimenticò volutamente di dire molte molte cose riguardo a un certo gentiluomo e tutti gli episodi che lo riguardavano li tenne per sé stessa.

 

Il Diario di Sara

 

Giovedì 26 otobre 1797

Ogi la zornada per fortuna la xe pasada ben. No go dovudo sorbirme più i discorsi mona de la squinzia, in conmpenso me son dovuda scoltar tute le ciacole de la siora Bennet.
Ma la riva mai a star zita?

Venerdì 27 otobre 1797

Manca un fià de zorni al primo novembre. Da quel che me gaveva dito el marzer, la siora Hill la doveria tornar a giorni a Meryton. La andarò a zercar, me auguro solo de becarla.
Ogi go visto Charlotte, son stada sai contenta de vederla. Gavemo ciacolà de Bingley e Jane. Xe cusì caligo guantar qualche mauco i sta epoca. Me domando quanto devi durar sto amoregiar.
’L fato xe: o la ghe piasi o no la ghe piasi. No so cosa speta Charles a dichiararse con ela. Charlotte la xe ’ncora convinta che Jane no la se sburti bastanza e no la ghe fazi capir ciaro ’l suo interese per lu. Va ben che i omini ogni tanto i xe un poco loli e che bisogna un poco sveiarli, ma qua semo a limite de la comprension.
Ghe go spiegado in drio man che Jane la xe solo spaurosa. No la se sburta sai con Charles solo per sta ragion. Ela la me ga dito che xe propio per questo che no ’l ghe ga ‘ncora fato la proposta de sposarlo. Cos’te vol che la fazi sta povera Jane? No la ghe pol miga saltarghe indoso. E de sicuro no la xe ‘na mula che buta sardoni a nastro come la squinzia.
Speremo che al balo se disgropi la situazion, me dispiaseria che Jane sofrisi per amor. Xe robe che pol suceder, ma me auguro solo ‘l ben per ela.
No so per quale malado motivo semo finide a parlar de Darcy. La mia amica la sburta nel dir che un omo compagno ’l prova qualcosa per mi. Dubito sai de quel che la me ga dito. Darcy ’l xe cusi tanto tacà al scagno che zo de la no smonta, gnanca con ’na bomba atomica te lo rivasi a far smontar. ‘L podesi far ‘l politico talian, ‘l gavesi futuro.

 

Sabato 28 otobre 1797

Son ’ndada zo ne la biblioteca de ’l sior Bennet parvia che volevo ciolme un libro de lezer. Quel che zercavo lo go trovado e insieme go trovà altro. Go trovà qualcosa che me ga sai fato rabiar. Su ’l suo scritoio iera verto ’l suo libro contabile. Mi no son una che cuca e se misia ne le robe de i altri, ma me xe cascado l’ocio propio là, su quei foi.
Soto la vose “Entrate” go trovado ’l nome de la siora Hill… ripetudo nel mese de setembre e otobre. A setembre iera segnado ’na cifra sai alta de zinquemila sterline, mentre a otobre xe stai versadi quatrozento sterline. Ne la descrizion iera scrito “Entrate per mantenimento di Sara Rosenwirth”.
’L me ga contado floce co ghe go domandà se ’l gaveva mai visto la siora Hill. Che flocion! 
Zerto che la conosi! Ghe da ànca pila per mantegnirme. Devo parlar con lu e meter in ciaro sta fazenda. Me auguro che ’l gabi ’na risposa che me piasi. Son sai rabiada.

 

   Quando scese a cercare il signor Bennet, le dissero che era uscito per affari, quindi decise di attenderlo nella sua biblioteca.
   Per tutta la giornata Sara rimase seduta sulla poltrona preferita di Mr Bennet e rimase lì, nella stessa posizione, senza muoversi di un centimetro. Per ore e ore aveva pensato e ripensato a quali parole potesse dire a un uomo che le aveva mentito. Aveva riposto molta fiducia in Mr Bennet, mai si avrebbe aspettato una cosa del genere nei suoi confronti. Si sentiva tradita nella sua fiducia e nella sua amicizia per una persona che credeva le stesse dando molto, più di suo padre.
   Appena Mr Bennet entrò nella stanza trovò ad attenderlo Sara. Quando la vide capì subito che qualcosa non andava. Sembrava inespressiva e sul suo volto non trapelava nessuna espressione né di gioia e né di dolore.
   Lei non si arrabbiò e nemmeno alzò la voce, ma cominciò a dire: «C’è ne hai messo di tempo per arrivare. Dobbiamo parlare». 
   Quelle ultime parole gli fecero intuire che forse Sara era stata capace di scoprire il suo segreto, un fatto che la riguardava molto da vicino. Ma quanto aveva disvelato ancora non lo sapeva con esattezza. «Sara sono felice di vedervi… Per caso qualcosa non va?», chiese sedendosi in modo scomposto sulla sedia della sua scrivania.
   «Ad essere sincera, devo dire di sì» rispose lei in modo secco. «Sono molte le cose di cui vorrei parlare e che non vanno bene nella mia esistenza. Tralasciando i misteriosi motivi per cui io mi trovo qui e sulla mia vita in Inghilterra perché sarebbero di certo troppo lunghi da raccontare, ce ne una, in modo particolare che desidererei affrontare con te… La signora Hill». 
   Le mani di Mr Bennet iniziarono a sudare. Prese poi i suoi occhiali da vista e li indossò. «Ve l’ho già detto, non la conosco», rispose con voce rauca.
   «E così tu non la conosci» ripetè stupita Sara, «allora dimmi, per quale motivo sul tuo registro contabile ci sono dei versamenti cospicui per il mio mantenimento da parte di una donna che tu continui a dire di non conoscere? Vuoi negare anche questo?»
    Dopo un minuto di silenzio Mr Bennet rispose con voce sommessa. «Mi ha pregato con insistenza che non dovevo in modo assoluto dirvi nulla. Perdonatemi per non avervi detto la verità fin da subito».
   «Perdonarti!» esclamò Sara con voce alterata. «Come posso perdonarti dopo che mi hai mentito su una cosa del genere? Come credi mi possa sentire? Tu non hai idea di cosa ho dovuto affrontare per adattarmi a vivere qui e non hai la benché minima idea di quanto tempo ho passato a cercare quella dannata donna. E adesso, all’improvviso, vengo a sapere che non solo l’hai conosciuta, ma che ti sta anche pagando. Per quale motivo dovrei perdonarti? Spiegami perché l’hai fatto? È stato per soldi?»
   «Vi assicuro che non l’ho fatto per denaro», rispose intimorito.
   «E per cosa? Parla…»
   «Vi avrei tenuta con me anche senza quella cospicua rendita, ve lo assicuro». Fece una breve pausa e con le lacrime agli occhi aggiunse: «Quando vi ho vista per la prima volta, svenuta nel mio giardino, mi si è aperto il cuore. Sembrava come se tutte le mie preghiere e le mie suppliche verso Dio e l’universo intero non fossero state vane. Il vostro volto, lo sguardo e quel sorriso mi ricordava in tutto e per tutto la mia povera e amata figlia Lizzy. Tutte le volte che vi guardo, sembrate davvero lei, la mia bellissima figlia ritornata nel mondo dei vivi. Ho pianto per così tanto tempo la mia perdita che non ne avete idea. Solo un filo sottile mi stava tenendo aggrappato a questa mia triste vita. Appena vi ho visto sono rinato, è stato come se Dio mi avesse ridato una seconda possibilità, una speranza. Grazie a voi è stato come rinascere a nuova vita. Ecco perché non vi ho detto niente, non volevo che ve ne andaste. Non avrei mai sopportato di perdere anche voi».
   Sara ascoltò con attenzione le sue parole piene di sentimento e dolore. Comprese la sua tristezza e i motivi per cui lo spinsero a celare la verità. Lei poteva solo immaginare cosa stesse provando il cuore di quell’uomo disperato: la perdita di una figlia aveva procurato in lui un dolore incurabile. Era una ferita sempre aperta pronta ad espandersi in ogni istante. Ma per quanto Sara capisse le ragioni del gesto di Mr Bennet e accettò alla fine le sue sincere scuse, non le piacque il fatto di essere equiparata a sua figlia Lizzy, anche se fosse stata la ragazza più straordinaria e magnifica di tutta l’Inghilterra. Avevano vissuto una vita diversa, erano cresciute in paesi differenti ed erano nate in un’altra epoca. Sara si chiese cosa mai potessero avere in comune oltre l’aspetto fisico – secondo lei nulla. 
   «Apprezzo il tuo affetto per me e la tua ospitalità», rispose Sara, «ma devi capire che non sono tua figlia, e non potrò mai esserlo».
   Mr Bennet scoppiò in un mare di lacrime. Era la prima volta che Sara vedeva piangere un uomo in questo modo e si pentì per le parole dette con poco tatto.
   «Quanto mi dispiace… Non era mia intenzione mentirvi», disse lui coprendosi il viso con una mano per nascondere le sue lacrime che non smettevano di scendere. 
   Sara si sedette accanto a lui prendendogli una mano e gli disse: «Ti perdono».
   Bastarono quelle due semplici parole per farlo smettere di piangere. 
   Guardandola negli occhi la ringraziò. Non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una tale situazione. Era sempre stato capace di nascondere la sua sofferenza alla sua famiglia, ma con Sara era diverso, per uno strano scherzo del destino si era ritrovato ad accogliere una ragazza che dal canto suo, era davvero speciale. Sotto molti aspetti le ricordava sua figlia Lizzy, ma per molti altri, in realtà, non lo era. Lei riusciva a vedere al di là delle apparenze, a capire molti aspetti della vita e dei sentimenti dell’animo umano. Era come se fosse una versione evoluta del ricordo di sua figlia. Per questo l’amava come se fosse la sua vera Lizzy.
   Sara prese un fazzoletto e glielo porse. «Ora basta piangere», disse con voce calma e tranquilla. «Vada come vada, ricorda che per me sei stato come il padre che non ho mai avuto». 
   Sul volto di Mr Bennet apparve un sorriso, poi prese una penna e scrisse qualcosa su un foglio di carta. «Tenete», disse lui porgendoglielo, «questo è l’indirizzo del contabile. È tutto quello che ho, non so altro. Spero che possiate trovare le risposte che cercate».
   Lo ringraziò e prima di uscire dalla biblioteca disse: «Adesso capisco quanto era grande l’amore per tua figlia e ti ringrazio per avermi mostrato ciò che provavi per lei. Penso che tu sia stato un ottimo padre per Elizabeth e hai ancora la possibilità di esserlo per tutte le tue figlie. Anche se ti ha lasciato, ricorda che sarà sempre con te, nel tuo cuore. Cerca però di non aggrapparti troppo al dolore della sua perdita e vivi, per quanto possibile, la tua vita con serenità. So che può risultare arduo, ma sono le difficoltà della vita che ci fanno crescere e progredire. Vivile al meglio».
   Aprì la porta e se ne andò lasciando Mr Bennet a riflette sulle sue parole che tanto lo avevano colpito. 

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