Romanzo a puntate scritto da Barbara Mapelli
Versione alternativa di "Orgoglio e Pregiudizio"
Capitolo 18
I
I giorni che precedettero l’attesissimo ballo di Netherfield Sara si trovò coinvolta negli interminabili preparativi. Fu costretta a perfezionare i suoi passi di danza, assistere lezioni di infinite di galateo e dovette prestarsi a ripetute prove d’abito con la sarta. Ci furono così tante cosa da fare che non riuscì nemmeno trovare il tempo per scrivere sul suo amato diario. La sola idea di trovare un po’ di pace per riuscire a trovare le parole giuste che avrebbe potuto dire a Mr Darcy sembrava solo un sogno lontano. Per tutta la settimana Mrs Jenkins cercò di insegnare a Sara l’utilizzo del ventaglio, un prezioso elemento di eleganza femminile che aveva un’enorme importanza all’interno della società inglese. Una ragazza moderna come Sara non poteva certo capire come un oggetto simile potesse essere utilizzato in un approccio amoroso: era solo un’altra noiosa regola di comportamento da aggiungere alla già lunga lista a cui era costretta ad attenersi. Così Sara si ritrovò la maggior parte della settimana seduta nel soggiorno, sotto gli occhi vigili di Mrs Bennet e tra i sorrisi scherzosi delle figlie più piccole, ad ascoltare la sua istitutrice mentre impartiva lunghe lezioni di ventaglio con la massima serietà.
«Mi raccomando, il ventaglio va tenuto con le punte delle dita, tra l’indice e il medio» disse un giorno Mrs Jenkins mentre osservava attentamente Sara. «Oh, santi numi, non così, non così! Cosa state facendo Miss Rosinwirth? State reggendo quel povero ventaglio come se foste una rozza contadina. Il vostro gomito non devono essere così scostato dal vostro busto. Oh, santi numi! Dove andremo a finire?»
«Mi chiamo Rosenwirth e non Rosinwirth» ribadì seccata Sara. Dove andarò a finr mi con sta flonflon che continua a no imbrocar ’l mio cognome e a sbrocar per tuto ’l tempo. (Dove andrò a finire io con questa flonflon che continua a sbagliare il mio cognome e a sbottare per tutto il tempo).
Alla fine delle estenuanti lezioni, tra le continue correzioni di Mrs Jenkins e le costanti esclamazioni di Mrs Bennet sullo stato dei suoi nervi, Sara era riuscita ad afferrare solo alcuni movimenti essenziali, tanto bastavano per non apparire agli occhi di un gentiluomo benintenzionato, non come una giovane donna poco aggraziata e civettuola, ma come una dama dotata di estrema eleganza e di un tocco di piacevole malizia. Con il ventaglio in mano, Sara non vedeva l’ora di mettere alla prova tutte le abilità appena acquisite. Cercò di riportare alla mente alcuni movimenti insegnati da Mrs Jenkins durante le sue lezioni. Il destino volle che il malcapitato Mr Collins facesse il suo ingresso nella stanza — era l’occasione perfetta. Con occhio attento e un luccichio negli occhi, osservò ogni suo passo mentre si dirigeva verso di lei. Dopo un momento di incertezza, l’ecclesiastico decise di sedersi su una poltrona di fronte a Sara. Al momento opportuno, quando gli occhi vigili e sempre attenti di Mrs Bennet e di Mrs Jenkins furono distolti, Sara iniziò a muovere elegantemente il ventaglio con la mano sinistra per alcuni secondi. L’odioso cugino, abituato alla solita indifferenza di lei, sembrò sorpreso e nelle stesso tempo molto compiaciuto e lusingato dell’interesse mostrato da Sara nei suoi confronti — lei stava cercando di comunicargli qualcosa. Il messaggio non verbale era chiaro per Mr Collins: in quel momento lei era impossibilitata a parlare per la presenza del suo chaperon. Quindi lui si sedette più comodamente sulla poltrona, rispose con un piacevole sorriso e attese impaziente ulteriori messaggi. Un’attimo dopo Sara aprì il ventaglio e lo fece involontariamente scivolare lungo la guancia sinistra.1
Mr Collins sorrise ancora più compiaciuto, mentre lei si accorgeva del madornale errore. Richiuse di scatto il ventaglio. Lo fece scivolare sulla fronte e se lo portò accanto all’orecchio sinistro.2 Lui mormorò deluso qualcosa di incomprensibile alle orecchie degli astanti e nella sua totale inadeguatezza, lasciò trasparire la totale confusione. La situazione si rese ancora più difficile e si trasformò in un completo imbarazzo per la capacità di Mr Collins di fraintendere ogni cosa. Per non aggravare ancora di più la situazione, Sara decise di allontanarlo e senza dire una parola, iniziò ad aprire e chiudere io ventaglio in modo ripetitivo nella sua direzione.3
Allora in quel momento capì. Si alzò di scatto e se ne andò indispettito tra le risa scomposte delle giovani Bennet. Con enorme fortuna Mrs Bennet non comprese l’accaduto e nessuna delle figlie raccontò cosa fosse accaduto.
Nonostante il susseguirsi di incessanti piogge a dirotto che rendeva impossibile qualsiasi passeggiata a Meryton, per la famiglia Bennet la settimana prima del ballo passò abbastanza in fretta. Trascorsero il loro tempo a discutere di tessuti, merletti e furono impegnate a provare ogni abito appositamente cucito dalla loro sarta di fiducia, nonché a ricercare la migliore acconciatura per la serata.
A Netherfield era ormai quasi tutto pronto per il fatidico giorno. Nelle ultime ore il piccolo esercito di camerieri, maggiordomi e valletti correva frenetico da una parte all’altra per portare a termine gli ultimi dettagli prima del ballo. L’intera proprietà era illuminata con torce, candelabri d’argento e grandi lampadari. Le grandi sale erano state imbandite con tripudio di fiori e piante che emanavano nell’aria il loro inebriante profumo. I tavoli erano stati coperti da tovaglie damascate su cui erano stati apparecchiati preziosi piatti di fine porcellana, bicchieri di cristallo, posate d’argento e splendidi centrotavola. Nell’ampia sala da ballo dalle pareti color crema, ornata da decorazioni in stucco dorato e da alcuni squisiti affreschi, i musicisti avevano già iniziato a suonare alcuni brani della serata. Dal cortile anteriore giunsero i rumori delle prime carrozze, seguito dallo scalpitio degli zoccoli dei cavalli. Tutti i valletti e i camerieri erano già pronti ai loro posti per assistere gli invitati alla festa, mentre i padroni di casa attendevano con ansia il loro arrivo. Mr Bingley assieme alle due sorelle e il cognato, iniziò ad accogliere calorosamente i primi invitati della serata con frasi di circostanza e brevi saluti. Non appena gli ospiti varcarono la soglia della grande sala da ballo, rimasero sbalorditi dalla bellezza della stanza così riccamente abbellita. A poca distanza dai padroni di casa, se ne stava Mr Darcy ritto in piedi, in trepidante attesa dell’unica donna che lo aveva colpito nella profondità del suo essere. Per settimane aveva lottato invano contro il suo cuore con l’intento di sfuggire a quel fuoco che ardeva dentro di lui, voleva scappare da quei sentimenti provocati da una bellezza angelica che lo avevano del tutto ipnotizzato. Di tutte le giovani incontrate nell’alta società londinese non aveva mai provato nulla di simile, nessuna mai era riuscita a provocare in lui un così elevato e contrastante numero di emozioni. Per quanto lui cercasse di allontanarla dalla sua mente, lei riappariva sempre in ogni circostanza della sua vita. Nulla valsero i tentativi di ricordare costantemente a sé stesso i vincoli che gli imponevano la società e la sua posizione. Sapeva bene che la loro unione sarebbe stata accolta con critiche e giudizi, eppure non poteva fare a meno di essere attratto da Sara. Era come se ci fosse una forza invisibile capace di tenerlo legato a lei, era un amore in grado di sfidare ogni suo singolo ragionamento logico, che non riusciva a spiegare. L’innegabile connessione lo logorava da dentro e rodeva ogni suo pensiero. C’era solo lei nella sua mente e ogni volta che la vedeva, il suo cuore sussultava e batteva forte, come se non esistesse nient’altro al mondo se non Sara. Era come se fino a quel momento lui non avesse mai vissuto veramente. Da quando l’aveva conosciuta, aveva cominciato a vivere e a vedere la realtà con occhi diversi. Mentre la sala da ballo era animata da risate e musica, lo sguardo vigile di Darcy si muoveva ansioso nella stanza e viaggiava in mezzo ai numerosi invitati in cerca della sua amata. Non appena la vide il suo cuore sobbalzò nel petto: era bellissima. Il suo viso perfetto era incorniciato da riccioli che le ricadevano fino al mento e i suoi capelli erano acconciati in una elaborata pettinatura adornata da piccole decorazione preziose. L’abito a vita alta indossato era fuori dal comune: il tessuto in raso di color avorio era decorato con pizzi dorati e con corte maniche a sbuffo. A completare il tutto, sulle sue spalle era appoggiato uno scialle azzurro dorato dallo stile Paisley e come tocco finale, indossava dei lunghi guanti bianchi. L’elegante figura sinuosa si mosse aggraziata nella stanza proprio come una principessa proveniente da un continente lontano e sconosciuto. Proprio in quel preciso istante avrebbe desiderato con tutto se stesso stringerla a se, toccare con le sue forti mani quel delicato viso angelico e baciare le sue labbra carnose con estrema passione. Ma in quella dolce e passionale visione c’era un barlume di incertezza. L’attrazione e i sentimenti da lui provati era disseminata da ostacoli forse insormontabili. Sara avrebbe mai corrisposto il suo amore? In più occasioni lei gli aveva fatto capire un certa disapprovazione nei suoi confronti: ne era consapevole. Quella sola consapevolezza gli stava devastando il cuore. Eppure, nonostante tutto, una leggera speranza tremolava come una piccola fiamma. Recuperò le sue forze e si fece coraggio. Decise di avvicinarsi a lei come un perfetto gentiluomo, per porgerle il suo saluto. «Miss Sara Rosenwirth», disse Mr Darcy con un inchino formale. «Vi porgo i miei omaggi, sono felice di vedervi di nuovo come ospite nella dimora di Netherfield House. Spero che voi e la vostra famiglia stiate tutti in perfetta salute». «Il piacere è tutto mio» rispose Sara con un sorriso. «Vi ringrazio Mr Darcy per la vostra gentilezza è sempre un piacere poter partecipare a feste così magnifiche. Sia io che tutta la famiglia Bennet stiamo molto bene, vi ringrazio del vostro interessamento». «Avete fatto buon viaggio? Spero che non abbiate scelto di andare a piedi anche quest’oggi. Non vorrei mai che rovinaste il vostro splendido vestito e, se permettetemi di dirvelo, vi dona in un modo sbalorditivo», concluse incapace di distogliere lo sguardo da una tale visione di perfezione. Sara lo guardò, stupita da quel cambiamento repentino nei suoi confronti. Fino a poco tempo prima non l’aveva nemmeno degnata di una parola o di sguardo, ora invece, l’espressione del suo volto le stava comunicando qualcosa di completamente diverso. Percepì un calore profondo nel suo corpo che si irradiò sulle sue guance. «Il tragitto in carrozza è stato tranquillo e piacevole», rispose mentre cercava con gli occhi puntati in mezzo alla folla Mr Wickham. Non si vedeva da nessuna parte. «State aspettando qualcuno o siete solo ansiosa di danzare?» In quell’istante un dubbio improvviso si insinuò nella mente di Sara: l’uomo che stava aspettando con ansia, non era stato volutamente incluso nella lista degli invitati per gli ufficiali. Si voltò verso Darcy e con voce calma e determinata rispose: «Nessuna delle due che avete proposto» affermò con un pizzico di delusione. «Se la memoria non mi inganna, la volta scorsa avete dimostrato di essere un uomo poco incline alla danza, soprattutto se si tratta di dover ballare con dame poco gradite e appena passabili». Lo sguardo di Darcy si abbassò, un misto di colpa e pentimento trapelò sul suo volto stoico. «Ricordatevi sempre Mr Darcy che è la compagnia che rende piacevole un ballo e l’intera serata». La sua delusione era palpabile. Con un pesante sospiro concluse con una voce tinta di tristezza: «Mr Darcy volgiate scusarmi, vi auguro di trascorrere una bella serata». Cosa avrò mai detto di così offensivo? Pensò Mr Darcy. Mentre lei si allontanava, il peso delle parole di Sara toccarono il suo cuore. Ora si rendeva conto della profondità del suo errore, benché involontario. Maledizione, un mese fa non avrei mai dovuto giudicarla appena passabile. Sono stato uno sciocco. Come ho potuto essere così cieco nel non capire l’impatto delle mie azioni? Ora lei mi odierà per questo. Cosa potrei mai fare per fare ammenda e rimediare al mio madornale errore? Alcuni minuti più tardi, mentre Mr Darcy osservava da lontano e senza dare troppo nell’occhio, la figura sinuosa di Sara, uno degli ufficiali stava informando la piccola Lydia Bennet dell’insolita assenza di Mr Wickham. «È stato costretto ad allontanarsi e ad andare in città per alcuni giorni», dichiarò Mr Denny con la fronte aggrottata dalla perplessità. «Non riesco a capire quale tipo di impegno d’affari possa averlo trattenuto, se non la sua volontà di non vedere qui un certo gentiluomo». L’ultima affermazione sfuggì alle orecchie di Lydia perché troppo presa da altre frivolezze della serata da lei considerate più interessanti, ma vennero colte da Sara, le quali non fecero altro che confermare la sua opinione poco lusinghiera verso Mr Darcy. Anche se non direttamente coinvolto, lo riteneva comunque responsabile per l’assenza di Wickham. Anche Mr Darcy udì le stesse parole, la quale non fecero altro che acuire l’astio nei confronti di George Wickham. Non si stupì affatto per la sua assenza. Quell’uomo è un vero codardo, incapace di affrontare qualsiasi questione da uomo. Mi chiedo cosa sia mai stato capace di fare se non sedurre le giovinette con soavi parole. Pensò tra sé e sé Mr Darcy mentre guardava la donna che amava. L’idea che Wickham potesse conquistare la buona opinione di Sara era più di quanto la sua mente riuscisse a sopportare e il solo il pensiero che quell’uomo riuscisse a farsi strada nel cuore di lei era una tortura insopportabile. Più di ogni altra cosa al mondo desiderava proteggere Sara da quell’uomo subdolo. Ma cosa avrebbe mai potuto fare? Darcy rifletté in modo profondo su questa domanda, con la mente piena di pensieri ed emozioni contrastanti. Il peso della aspettative del suo rango sociale gravavano sulle sue spalle e gli impedivano azioni troppo personali. Era consapevole di vivere in una società in cui contava solo il mondo delle apparenze e non della verità, in cui gli affetti personali e i singoli segreti erano racchiusi in uno scrigno e nascosti nello spazio più buio della propria intimità. Smascherare Wickham avrebbe significato qualcosa di molto più profondo del rendere di dominio pubblico i propri affari personali. Avrebbe dovuto mettere completamente a nudo se stesso, rivelando all'intera società, che viveva di continui giudizi ed esami, la propria vulnerabilità. Ma non era solo questo, c’erano altre persone in gioco: la sua amata sorella Georgiana. Non poteva sopportare l’idea di vederla soffrire un’altra volta. Si sentiva come un topo in trappola.
Per diversi minuti Sara rimuginò l’intera situazione, cercò conforto dalla sua amica Charlotte Lucas, la quale la ascoltò attentamente, offrendo un orecchio attento e comprensivo, con l’aggiunta di una qualche parola di consolazione. Grazie ad essa il suo animo allegro si risollevò, ma poi sprofondò di nuovo quando fu costretta a ballare con il goffo Mr Collins. I due balli furono per lei un vero e proprio martirio: Mr Collins era completamente fuori sincrono con la musica, continuava a sbagliare i passi di danza, la sinistra diventava la destra, le curve venivano saltate e anche un banale un’intreccio o una semplice promenade era una vera e propria sfida per lui. Le scuse uscivano dalla sua bocca una dopo l’altra mentre urtava questa o quella dama, lasciando indietro una scia di ritmo interrotto. Era una tortura per Sara che faceva del suo meglio per cercare di destreggiarsi con grazia nel ballo con un partner così inetto, ma nonostante tutto non poteva fare altro che sorridere davanti ai tentativi goffi di Mr Collins di complimentarsi con lei per i suoi notevoli progressi nella danza. Ogni tanto Sara riusciva a mormoragli piccoli suggerimenti che lui riusciva in malo modo ad eseguire. Nel frattempo Mrs Bennet, come un corvo appollaiato in un campo, osservava la scena con lo sguardo fisso su Sara, aspettando con impazienza la fine del ballo. Attendeva e gracchiava in modo assillante con Mrs Jenkins sulla inadeguatezza delle sue origini rispetto a quella dell’ecclesiastico. Con un cipiglio di disapprovazione, osservò l’improvviso interessamento del cugino per la bella e giovane straniera.
Quando le ultime note riecheggiarono nella grande sala da ballo, tutti i ballerini tirarono un sospiro di sollievo. Mr Collins, con il volto arrosato per l’imbarazzo, si scusò con i ballerini, salutò la sua dama e si congedò uscendo in modo frettoloso dalla pista. Nonostante l’esibizione maldestra di Mr Collins e la tensione percepita dai ballerini, Sara non potè fare ameno di trovare del sano umorismo in tutta quell’intera situazione e non badò molto alle parole sussurrate da Mrs Bennet verso di lei che tutto erano fuorché lusinghiere. Non era di certo un segreto che Mrs Bennet era alla ricerca disperata di un futuro compagno per tutte le sue figlie e la bella Sara non era nella lista. I suoi piani erano chiari: Mr Collins doveva sposare sua figlia Mary e nessun altra. Purtroppo per la povera madre, Mary non aveva alcun interesse a sposare Mr Collins, perché grazie ai preziosi consigli di Sara, le aveva fatto capire di essere una persona speciale, capace e meritevole di amare e sposare un uomo in grado di stimolare la sua mente e accendere la passione ardente situata nel profondo del suo cuore. Nemmeno Sara nutriva interesse verso quell’uomo inetto e insopportabile, e anche lei come la sua amica, sognava un amore diverso e non fittizio e costruito come quello con Mr Collins.
Con il passare della serata, la tensione che aveva riempito l’aria negli ultimi minuti si smorzò fino a svanire del tutto. Dopo aver ballato con un ufficiale, Sara si allontanò dalla pista e con il cuore ricolmo di felicità, ritornò da Charlotte e da Mary, desiderosa di condividere gli avvenimenti e di scambiarsi gli ultimi pettegolezzi della serata. Ma proprio quando cominciò ad entrare nel vivo del discorso, una voce piena di calore e di nervosismo, la chiamò alle sue spalle.
«Miss Sara» risuonò la voce di Mr Darcy mentre le si avvicinò salutandola con un rispettoso inchino formale, «posso avere l'onore del prossimo ballo?»
Stupita e colta di sorpresa per l’inattesa richiesta, Sara si ritrovò istintivamente ad acconsentire. Era ancora persa nei suoi pensieri quando lui sparì lasciandola lì in piedi, sconcertata e senza parole per quell’insospettabile proposta.
Charlotte notò subito il turbamento dell’amica e posando una mano di conforto sul braccio di Sara le disse: «Mia cara, sono sicura che troverai questo ballo molto piacevole», sussurrò con un sorriso rassicurante.
«Credevo che non amasse danzare, soprattutto con la sottoscritta» esclamò confusa mentre cercava di elaborare la situazione e dare un senso a tutto ciò. «Sono perplessa… perché mi ha chiesto di ballare?»
«Non essere turbata» assicurò con tono gentile Charlotte. «A volte gli eventi possono prendere direzioni inaspettate».
«Ho la sensazione che il signor Darcy si dimostrerà un ballerino di gran lunga più bravo di quanto possa mai essere Mr Collins», disse Mary con un sorriso.
«E anche più piacevole alla vista», esclamò Sara per smorzare la tensione che aveva su tutto il corpo.
Il cuore di Sara cominciò a battere forte quando si trovò al centro della sala di fronte Mr Darcy. La musica della quadriglia iniziò a vibrare nella stanza, mentre sguardi incuriositi erano incollati su di loro e sembravano seguire ogni singolo movimento della coppia. Durante i primi passi di danza Sara non potè fare a meno di osservare Mr Darcy con più attenzione: per lei era un enigma da svelare. Al loro primo incontro aveva fin da subito cercato di capire quali imperturbabili misteri si celassero dietro il suo volto austero e i suoi modi dignitosi e composti. Ma la sua ricerca non dette buoni frutti. Il comportamento freddo di Mr Darcy le aveva fatto pensare che un tale uomo non potesse essere mai capace di comprendere i sentimenti altrui e non fosse mai in grado di amare veramente un’altra donna. Ogni suo atteggiamento nei suoi confronti era sempre apparso distaccato e distante, come se cercasse deliberatamente di tenerla a debita distanza. Non aveva mai fatto trapelare nulla di sé e delle sue emozioni. Era una fortezza impenetrabile che non riusciva ad abbattere. Eppure, in quel preciso istante, grazie a quel gesto all’apparenza così banale, era riuscita scovare una piccola crepa in quel muro costruito attorno al lui e a intravedere un barlume della sua vulnerabilità. Ma la fragilità così com’era apparsa svanì un’istante dopo quando Sara cercò di conversare con lui su argomenti alquanto banali. Alle sue domande Darcy rispose a stento e poi precipitò di nuovo in un lungo silenzio.
Dopo una rapida boccata d’aria, si rivolse, con un misto di nervosismo e determinazione, di nuovo a Mr Darcy: «Ora tocca a voi parlare, Mr Darcy», disse, incrociando i suoi occhi con quelli di lui. «Ho parlato del ballo, è giusto che voi condividiate i vostri pensieri sulla grandezza di questa sala, o forse sul numero di coppie presenti».
Lui sorrise, si schiarì la gola. «Miss Sara», esordì lui con parole che risuonavano di sincerità, «le dimensioni della stanza e il numero di coppie svaniscono se paragonate allo splendore della vostra presenza».
Il respiro di Sara si interruppe in gola quando le parole di lui si fecero strada nella sua mente. I loro sguardi si incrociarono brevemente, suscitando un qualcosa che lei faceva fatica a decifrare. Cercò di dire qualcosa, ma la sua bocca non riuscì ad articolare nulla.
«È vostra abitudine parlare mentre danzate?» chiese Mr Darcy.
«Sì, mi capita spesso. Per comprendere gli altri bisogna parlare almeno un po’, non trovate? Sarebbe strano non conversare per mezz’ora o più; tuttavia, in alcuni casi, è preferibile scambiare solo un numero minimo di parole possibili».
«State esprimendo un vostro desiderio o credete di assecondare il mio?»
«Tutti e due», rispose Sara maliziosa, davanti allo stupore di lui. «Sono riuscita a trovare alcune somiglianze fra di noi. Entrambi siamo nemici delle banalità, poco propensi a parlare di cose frivole, prive di significato. Amiamo aprire bocca solo se le nostre parole sono capaci di stupire l’intera sala e siano degne di passare ai posteri con la massima risonanza».
Dopo alcuni passi di danza Darcy decise di rispondere. «Sono certo che la descrizione non corrisponde al vostro carattere», disse con un tono un po’ guardingo. Era evidente che nella sua voce si nascondeva un certo disagio interiore. Meditò qualche secondo prima di rispondere. «In quanto a me, non saprei dire se ciò sia vero, non spetta a me stabilirlo. Ma come sento, voi ritenete che sia un ritratto fedele del mio carattere».
«Non spetta a me giudicare. A volte le apparenze possono ingannare, forse in me o in voi si nascondono molte più cose di quanto sembri».
Sprofondarono in un lungo silenzio. Le parole rimasero sospese nell’aria, mentre la musica continuava a suonare con un ritmo delicato. La loro conversazione proseguì con l’intento di scoprire cose più profonde l’uno dell’altro. Ad un certo punto Darcy domandò se si recasse spesso a Meryton. Lei confermò in modo affermativo aggiungendo anche di aver appena fatto una nuova e piacevole conoscenza. All’improvviso il volto di Darcy si rabbuiò e un’espressione particolarmente severa di disappunto si diffuse sui suoi bei lineamenti. Ma proprio mentre i pensieri di Wickham lo stavano consumando, il suo sguardo si posò sui begli occhi di Sara facendolo di nuovo ammorbidire.
«Mr Wickham è dotato di modi così piacevoli che gli permettono con facilità di fare nuove amicizie. Meno certa è la sua capacità di mantenerle».
«È stato così sfortunato da perdere la vostra amicizia».
Un fugace sorriso si affacciò agli angoli della bocca di Mr Darcy e per un attimo Sara credette di aver oltrepassato un limite invalicabile. Mentre la danza proseguiva Darcy si ritrovò a vivere in un turbine di emozioni. Si chiese quali informazioni private aveva raccontato quel subdolo di Wickham con Sara e soprattutto, quante menzogne le aveva raccontato. Quale diritto aveva di farlo? La rabbia che stava crescendo si impadronì di lui e gli impedì di rispondere. Infondo al suo cuore, aveva una grande voglia di raccontarle tutto ciò che era stato costretto a vivere per colpa di quell’essere dall’apparenza umana. Il silenzio ripiombò di nuovo su di loro, poi all’improvviso quella quiete sospesa venne interrotta dalla voce di Sir William Lucas: chissà per quale strano motivo, aveva deciso di attraversare la pista ballo passando in mezzo ai ballerini. Non appena vide Mr Darcy ballare con Sara si arrestò. Il gentiluomo dapprima si complimentò con loro lui per il suo stile impeccabile degno dell’alta società a cui apparteneva, poi si mise a elogiare la grazia della loro danza, senza mancare di sottolineare a Mr Darcy l’estrema bellezza della sua dama, e concluse affermando che una giovane coppia qui presente sarebbe presto convogliata a nozze.
Sir William sorridendo indicò con lo sguardo Miss Bennet e Mr Bingley mentre ballavano spensierati e felici. «Chissà quante congratulazioni quel giorno! Non credete Mr Darcy?»
L’allusione a Bingley sembrò colpire Darcy in modo profondo.
«Oh, perdonatemi» proseguì Sir William, «non volevo essere così scortese nell’interrompere la vostra conversazioni con una splendida signorina dai begli occhi come Miss Sara» esclamò infine lui tutto soddisfatto mentre abbandonava il centro della pista.
Lo sguardò di Darcy si volse di nuovo verso Sara. «Ho dimenticato l’argomento su cui stavamo discorrendo» disse lui sapendo di mentire.
«Nulla di particolarmente interessante. Stavamo parlando di alcuni argomenti, ma senza arrivare a una conclusione soddisfacente. Non oso pensare quale possa essere il prossimo».
«Se parlassimo di libri?» chiese Darcy con un sorriso. «Siete una incredibile lettrice, sicuramente riusciremo a trovare un’argomento in comune».
«Di libri dite? È una bella idea!» esclamò Sara pensando alla richiesta di Wickham. «Giusto pochi giorni fa stavo rileggendo alcuni miei appunti tratti da quel interessante libro in vostro possesso».
«Mi sono sempre chiesto cosa ci sia di così coinvolgente in un vecchio libro, pieno zeppo di sciocchezze come quello. Le giovani donne dovrebbero interessarsi a letture di gran lunga più leggere, non credete?», ribatté lui con un sopracciglio alzato.
«Tutte le giovani donne devono sentirsi libere di scegliere cosa leggere e cosa no, senza timore di essere giudicate dalla società», rispose lei con un sorriso, per nulla turbata delle osservazioni maldestre di Mr Darcy. «Forse, siete voi a sottovalutare l’intelletto di una donna. Voglio darvi un consiglio, non preoccupatevi per il mio affaticamento mentale, sono perfettamente capace di comprendere le complessità di quel libro, per quanto enigmatico possa apparire».
«Non ho mai messo in dubbio la vostra spiccata intelligenza e mi dispiace che la pensiate in questo modo», rispose lui tubato, senza fare a meno di ammirare la sua determinazione nel difendere ciò in cui credeva, «ma permettetemi di rimarcare il mio stupore per il vostro interesse nei confronti del contenuto di quest’oggetto così prezioso per voi. Non vorrei mai che si trasformasse in un’ossessione».
«Le mie azioni e i miei interessi sono guidati unicamente dal desiderio di voler ampliare le mie conoscenze. Per me i libri non sono semplici oggetti da esporre in una libreria, ma hanno un significato e uno scopo profondo. Hanno il potere di arricchire la mia vita e nutrire il mio pensiero e la mia anima; sono capaci di trasportare la mia mente in mondi inimmaginabili e di accendere la scintilla di quell’immaginazione insita dentro ognuno di noi», rispose lei con una tale passione da lasciarlo quasi senza fiato. «Purtroppo non riesco a parlare in modo appropriato di letteratura e di libri in una sala affollata come questa. Al momento sono troppe le cose che mi distraggono».
«In questi contesti vi preoccupate solo presente?» chiese dubbioso.
«Passato, presente e futuro sono solo un’illusione ostinata della nostra mente» rispose Sara senza pensare troppo alle sue parole.
«Perché il tempo non esiste… Tutto accade nello stesso momento… Ricordo bene cosa mi avete detto l’ultima volta che ci siamo visti».
«Siete stato attento», affermò lei con un certo stupore. I suoi pensieri iniziarono a vagare lontano. Poi improvvisamente disse: «Una volta avete detto di essere un uomo poco incline a perdonare; che il vostro risentimento, una volta destato è difficile da placare. Suppongo, voi siate molto cauto nel provocarlo».
«Sì, lo sono» rispose lui risoluto consapevole della propria natura.
«Nei vostri giudizi, non vi lasciate mai accecare dai pregiudizi?»
«Spero di no. Dove volete arrivare Miss Sara?»
«Sto solo cercando di comprendere meglio il vostro carattere».
«E a quali conclusioni siete arrivata? Siete riuscita a decifrare l’enigma Fitzwilliam Darcy?», chiese lui con tono sarcastico.
«Al riguardo sono molto confusa. Sul vostro conto ho sentito opinioni contrastanti che mi impedisco di delineare con precisione la vostra personalità».
«Non faccio fatica a crederlo», rispose lui serio. Conosceva fin troppo bene le voci che circolavano su di lui, erano idee sbagliate che offuscavano l’opinione della gente. «È un compito arduo comprendere appieno il carattere di una persona, soprattutto quando dei preconcetti offuscano il nostro giudizio. Ma vi pregherei di non abbozzare un disegno del mio carattere in questo momento: il risultato finale potrebbe non essere conforme alla realtà».
«Se non riesco adesso, mi chiedo quando avrò di nuovo questa opportunità».
«Vi assicuro che non vorrei mai toglievi questo immenso piacere», concluse lui in modo distaccato.
I loro sguardi si incrociarono brevemente. Un miscuglio di emozioni contrastanti si impadronì di Sara: c’era qualcosa in quell’uomo che ancora non riusciva a decifrare. L’atteggiamento freddo di Darcy nei suoi confronti la confondeva a tal punto da farla impazzire. Cercò di interrompere il flusso di pensieri che vorticavano nella sua mente e si focalizzò solo su se stessa.
Quando ultime note della musica riempirono la stanza, si fermarono in silenzio l’uno di fronte l’altro, non aggiunsero nulla, e poi si separarono scontenti senza dire una parola. Nel cuore di Darcy cresceva sempre di più un sentimento di amore verso una donna che non avrebbe mai potuto avere, allo stesso tempo aumentava anche la sua collera verso una terza persona, un uomo che non avrebbe mai potuto perdonare. Sara rimase nuovamente delusa per non essere riuscita a ottenere nessuna informazione in più su Darcy e sul rapporto misterioso con Wickham. Non aveva ottenuto nulla e non era nemmeno riuscita a capire se sarebbe riuscita riavere di nuovo quel maledetto libro.
Appena i due si separarono, Miss Bingley raggiunse in fretta Sara e con tono sprezzante disse: «Ho sentito Miss Sara che siete molto entusiasta di George Wickham», sogghignò lei con fare sprezzante. «Ho appena avuto l’immenso piacere di parlare con Miss Jane. Mi ha fatto molte domante riguardo a questo, per così dire, gentiluomo. Permettetemi di davi un consiglio da amica, non credete a tutte le cose che questo signore racconta. È assolutamente falso il fatto che Mr Darcy lo abbia trattato male, anzi tutt’altro, è sempre stato molto gentile e generoso con lui. Se non ricordo male è stato George Wickham a trattarlo in modo davvero infame. Di preciso non so tutti i particolari, ma Mr Darcy non è affatto da biasimare e ha avuto delle ragioni valide per doverlo allontanare. È una fortuna che non sia qui questa sera nonostante fosse stato invitato assieme a tutti gli altri ufficiali. Mr Darcy non riesce nemmeno a sopportare il nome George Wickham, figuriamoci vederlo con i suoi occhi. Forse, se fosse venuto al ballo, ci saremmo trovati in una situazione molto imbarazzante. Mi dispiace molto riferivi queste dolorose notizie, so che è un vostro prediletto, ma sono stata costretta a darvi questa notizia. Considerando le sue origini, non potevamo aspettarci nulla di meglio. Era solo il figlio del vecchio Wickham, l’amministratore del defunto Mr Darcy, nulla di più».
«Ero già a conoscenza delle sue umili origini» rispose Sara seccata, «se era solo questo che dovevate dirmi, vi comunico di essere già stata informata da lui stesso».
«Vogliate scusarmi» rispose Miss Bingley stizzita, «non volevo interferire nelle vostre amicizie, ve l’ho detto solo a fin di bene».
Il sangue cominciò a ribollire nelle vene di Sara. Squinzia, pensò tra sé e sé incapace di contenere il disprezzo per Caroline, propio no la guanto sta baba e i suoi modi de far. Come no rivo più a guantar tuta sta maledeta aristocrazia inglese, sta maledeta isola, sto maledeto Mr Darcy. Maledeta anca mi che go acetà de balar con lu. (Proprio non la sopporto questa donna e i suoi modi di fare. Come non riesco a sopportare tutta questa maledetta aristocrazia inglese, questa maledetta isola, questo maledetto Mr Darcy. Maledetta anch’io che ho accettato di ballare con lui). Fece alcuni respiri profondi per placare la tempesta che stava infuriando dentro di lei. Lottò contro se stessa per non soccombere, cercando di trattenere quella tristezza e disperazione assopita che tentava di uscire. Ci vollero diversi minuti, ma a poco a poco il cuore che stava battendo all’impazzata, cominciò a rallentare e le mani prima tese, si rilassarono di nuovo. Una volta ritrovata la sua calma interiore decise di andare da Jane per parlare di Wickham.
«Mi dispiace, ma non ho buone notizie da dirti… Mr Bingley afferma di non conoscere con esattezza l’intera vicenda e di ignorare alcune circostanze che hanno offeso Mr Darcy, ma è pronto difendere la condotta del suo amico. Sembra sia successo qualcosa di estremamente grave ai danni della famiglia di Mr Darcy. Mi ha ribadito più volte la cattiva condotta di Mr George Wickham e a parer suo, il suo amico è stato fin troppo generoso con Wickham. Sono davvero dispiaciuta Sara e mi duole dovertelo dire, ma da quanto affermano Mr Bingley e sua sorella, Mr Wickham non è un affatto una persona rispettabile. Nonostante la sua gentilezza e i suoi modi cordiali, temo sia un poco di buono. Ha meritato di perdere la stima e la fiducia di Mr Darcy».
«Se Mr Bingley non conosce l’intera storia, come può avvalorare la tesi del suo amico? Con questo non voglio dubitare della sua parole, ma se non sa esattamente come sono andati i fatti e si limita ad ascoltare solo la versione di Darcy senza sentire la controparte, non dovrebbe appoggiare in toto la versione del suo amico. Bingley conosce solo una piccola versione raccontata da Darcy e non sa come potrebbe essere avvenuta la vicenda. Capisco le buone ragioni che spingono Mr Bingley a difendere il suo amico, ma ci sono molti punti oscuri nel suo racconto che andrebbero chiariti. Abbiamo in mano solo delle supposizioni, niente di più. Scusami, ma senza ulteriori elementi che avvalorino la versione di Darcy, mi rifiuto di giudicare male Mr Wickham».
La discussione terminò e passarono a un altro argomento molto più piacevole e interessante. Con il cuore colmo di gioia, Sara ascoltò compiaciuta le gentili parole, ricolme di speranza di Jane nei confronti di Mr Bingley. Ogni singola frase da lei pronunciata era però pregna di un’intensa felicità repressa. La profondità dell’amore di Jane per Bingley era palpabile, lo si poteva perfino toccare con la punta delle dita, tuttavia il suo atteggiamento risultava essere sempre contenuto e pacato, come se la sua speranza per un futuro assieme al gentiluomo fosse solo una pura illusione mal riposta nella sua mente. Era in queste occasioni che traspariva il vero ottimismo di Sara e la sua volontà di aiutare gli altri. Con tutto il suo cuore desiderava che Jane riuscisse a trovare la sua vera felicità perché lei credeva nel potere dell’amore e di quell’amore incondizionato capace di superare qualsiasi ostacolo e incertezza. Con un sorriso gentile, incoraggiò Jane ad abbracciare il suo amore per Bingley, assicurandole che, nonostante le incertezze, quella scintilla tra loro si sarebbe presto accesa e sarebbe sbocciata in qualcosa di molto più profondo. E così, la voce di Sara riempì la stanza con un sentimento così profondo, che toccò gli angoli più reconditi del suo cuore. Le sue parole furono come un balsamo calmante, che alleviò le incertezze di Jane e la riempì di nuova speranza. Nel momento in cui Sara cominciò a descrivere in modo più approfondito le qualità di Mr Bingley, lui si avvicinò a Jane con un caldo sorriso. Sara decise di sottrarsi dalla conversazione con Jane e di ritornare dalla sua amica Charlotte che aspettava con impazienza di discutere con lei del fascino del suo ultimo cavaliere. Con un pizzico di riluttanza Sara iniziò a condividere i suoi pensieri riguardo a Mr Darcy: un uomo dalla natura riservata, dai modi un po’ freddi e dal volto austero che sembrava nascondere una moltitudine di emozioni. Sotto quella sua figura inflessibile e distaccata c’era qualcosa in più che Sara non riusciva ancora a comprendere — nutriva ancora molte riserve sul carattere di Mr Darcy. Prima che potesse cominciare a raccontare la particolare attrazione che quell’uomo riusciva a esercitare su di lei, sopraggiunse Mr Collins, il quale rivelò apertamente una rivelazione sorprendente e inaspettata. Con il volto raggiante esordì:
«Per uno strano scherzo del destino, ho scoperto che oggi, proprio in questa stanza, c'è un parente stretto della mia stimata patronessa. Riuscite a immaginarlo? Il destino ha portato alla luce questo sorprendente legame! Ho ascoltato questo gentiluomo mentre definiva Miss de Bourgh come sua cugina e della madre di lei, Lady Catherine. Queste sono coincidenze incredibili», proseguì entusiasta Mr Collins, «chi l’avrebbe mai pensato che avrei potuto incontrare il nipote di Lady Catherine de Bourgh in persona proprio a questo ricevimento. Che meraviglia! Sono proprio fortunato ad aver fatto una simile scoperta. Devo proprio presentarmi a questo gentiluomo e fare i miei omaggi, cosa che mi accingerò a fare in questo preciso momento».
Mary che udì quelle parole si allarmò e cercò di convincere in tutti i modi suo cugino a non presentarsi da solo, ma i suoi sforzi furono vani.
«Ma certo che debbo presentarmi», rispose Mr Collins un po’ risentito. «Anzi, dovrò scusarmi per non averlo fatto prima. Lo informerò anche dell’ottima salute di Lady Catherine».
«Mr Collins vi imploro», ribatté Mary, «non fatelo, non siete ancora stato presentato a dovere. Sarebbe un’impertinenza verso Mr Darcy e non un ossequio nei confronti di sua zia. Dovreste attendere che si presenti lui stesso, in quanto persona più autorevole».
«Oh, mia cara cugina», rispose Mr Collins, «sapete quanto io stimi il vostro giudizio nonché quello di tutte le mie care e belle cugine, ma vi faccio notare che considero la carica ecclesiastica di pari dignità rispetto alle più alte cariche del Regno. Come potete comprendere, c’è una notevole differenza tra l’etichetta cerimoniale stabilita per i laici e quella del clero. Dunque in tale occasione, seguirò i dettami della mia coscienza e mi comporterò nel modo più opportuno» dichiarò lui, con il petto gonfio di un senso di superiorità morale. «Vi chiedo perdono se non seguirò il vostro consiglio, considero me stesso la persona più adatta in tali scelte e non una giovane donna come voi, così poco avvezza ad un certo tipo di studio e di educazione», concluse. Dopo un leggero inchino si voltò e se ne andò verso Mr Darcy.
«Conoscendo Mr Darcy e il suo rigido formalismo, penso che riuscirà a congedare Collins in men che non si dica» disse Sara divertita e ancora poco avvezza ai comportamenti formali della società inglese.
«Come può comportarsi in un modo così sciocco?» chiese Mary preoccupata mentre osservava l’espressione sorpresa di Mr Darcy per l’interruzione improvvisa di suo cugino.
Le ragazze osservarono con interesse tutta la scena senza però riuscire a udire bene tutto il prolisso monologo di Mr Collins.
Trattennero il fiato e attesero la gelida risposta di Mr Darcy che non tardò ad arrivare. Replicò con fredda cortesia e non appena Mr Collins cominciò un altro discorso, si congedò con un cenno del capo. Sara non poté fare a meno di provare un sentimento di compassione per quel povero ecclesiastico che era appena stato sottoposto a una tale umiliazione. Guardò Darcy che si dirigeva verso Miss Bingley, lasciando lo sciocco cugino in piedi, impacciato, nella sua scia.
Con un sorriso forzato e una falsa aria di sicurezza, ritornò dalle tre giovani e dichiarò: «Vi assicuro che non ho motivo di essere scontento. Mr Darcy ha gradito molto le mie attenzioni. Ha perfino replicato con molta cortesia ed era così convinto del giudizio di Lady Catherine, da essere sicuro che la zia non concederebbe mai un favore se non meritato. È stato un pensiero bellissimo da parte sua. Non immaginavo di aspettarmi così tanto. Sono proprio soddisfatto».
Terminata le danza, i singoli ospiti si diressero vero i loro posti designati al grande tavolo per la cena. Sara sprofondò in una profonda tristezza non appena mise gli occhi sul posto che le era stato assegnato, poiché sembrava proprio che il destino non giocasse a suo favore. Ironia della sorte, si ritrovò seduta tra il noioso Mr Collins e quell’incessante chiacchierona di Mrs Bennet. Una sfortunata circostanza poiché Sara sapeva fin troppo bene che entrambi erano capaci di dare il meglio di sé con interminabili e vuote conversazioni. Poco tempo dopo Mrs Bennet si lanciò in una vivace discussione con Lady Lucas e non perse tempo nel esporre la sua incontrollabile convinzione che sua figlia Jane si sarebbe presto unita in matrimonio con il ricco scapolo Mr Bingley. Sembrava che la lingua impaziente di Mrs Bennet avesse sviluppano una vita propria e non conoscesse tregua. La donna continuava incessantemente a parlare dei vantaggi di tale unione, secondo Mrs Bennet erano infiniti e si assicurò di menzionarli tutti. Il fascino indiscutibile di Mr Bingley era il fulcro della conversazione, senza dimenticare la sua ricchezza. Sara non potè fare altro che sospirare e storcere il naso di fronte all’evidente infatuazione di Mrs Bennet per il denaro — per lei non contava nient’altro. Assicurare a tutte le figlie dei matrimoni vantaggiosi sembrava una questione di estrema importanza, da portare avanti ad ogni costo. Tra le divagazioni prive di empatia, Mrs Bennet trovò un certo conforto nel sottolineare di come le due sorelle Bingley sembrassero molto entusiaste di Jane; poi parlò con estremo ottimismo del probabile futuro roseo di tutte le sue figlie, infatti una tale unione avrebbe permesso loro di conoscere giovani dell’alta società. Concluse augurando a Lady Lucas la stessa fortuna, anche se l’espressione trionfante di lei mostrava chiaramente di non credere in tale opportunità.
«Credo abbiate detto abbastanza per questa sera», sbottò Sara. «tutti hanno sentito il vostro discorso, compreso Mr Darcy».
«Sciocca ragazzina, non osate dirmi cosa debba o non debba dire» rispose Mrs Bennet con supponenza. «E ditemi, di grazia, cosa rappresenta per la nostra famiglia Mr Darcy? Assolutamente nulla. Cosa credete che io abbia paura di lui? Niente può impedirmi di dire quello che lui non vuol sentire», replicò lei lanciandosi in inutili e offensivi sproloqui contro Mr Darcy e la sua arroganza.
Sara non potè fare a meno di sentirsi esasperata dalle critiche implacabili di Mrs Bennet nei confronti di Mr Darcy. «Anche se per voi non significa nulla, non potete offendere Mr Darcy in questo modo. Vi consiglio di smetterla. Il vostro sconsiderato comportamento potrebbe avere delle ripercussioni sulla vostra famiglia», aggiunse lei, con la voce tinta di frustrazione.
Tuttavia, nulla di ciò che riuscì a dire sembrò frenare la lingua tagliente di Mrs Bennet che continuò a parlare delle sue mire e dei suoi obiettivi: ogni singola parola perforavano la stanza come una lama affilata, facendo arrossire le guance di Sara con un misto di vergogna e irritazione, incapace di sfuggire al miscuglio di emozioni che invadevano la sua mente. Mentre la folle conversazione proseguiva, Sara non poté fare a meno di notare gli sguardi indiscreti di Mr Darcy, concentrati soprattutto su di lei. Arrossì di nuovo cercando di distogliere lo sguardo. All’improvviso un pesante senso di disagio la avvolse come una coperta pesante, le sue mani cominciarono a sudare e il suo cuore iniziò a battere sempre più forte. Per fortuna, quando Mrs Bennet terminò di blaterare, forse perché aveva esaurito tutte le cose da dire a Lady Lucas, decise di ritirarsi e di rifugiarsi in un angolo più tranquillo della casa. Prese dal tavolo il bicchiere di cristallo, lo riempì di vino e si allontanò. Sperava che il gusto vellutato della bevanda rossa l’avrebbe aiutata a sfuggire dall’atmosfera soffocante.
Attraversò le sale affollate della casa e stanza dopo stanza il ronzio incessante delle voci e delle risate scomparvero del tutto. Camminò fino a giungere in una parte delle villa che non aveva mai visito prima. Il tenue bagliore delle candele si diffondeva nel corridoio scarsamente illuminato, proiettando ombre tremolanti che danzavano lungo il tappeto. Alla sua sinistra, in mezzo a due grandi quadri di enorme pregio, c’era una pesante porta di legno, parzialmente socchiusa. Sara esitò un attimo, con la mano in bilico sulla maniglia di ottone, ma poi la curiosità prevalse su qualsiasi altro timore che avrebbe potuto avere. Con un respiro profondo spinse la porta ed entrò: si ritrovò in un piccolo studio, immerso nel caldo bagliore delle candele. La stanza dalle pareti rosse era adornata da un pregiato mobilio abbellito da mazzi di fiori e da piccole statue di marmo bianco. In mezzo alla sala c’era una poltrona di legno ricoperta da una lussuosa stoffa di seta di colore verde; di fronte a essa, un basso tavolino su cui era appoggiato un pesante libro dalla copertina molto particolare. In silenzio si avvicinò per osservarlo meglio: era il misterioso libro di Darcy.
«Miss Sara…» disse una voce alle sue spalle.
Lei si voltò di scatto facendo cadere il bicchiere di vino che teneva in mano. «Siete voi Mr Darcy», rispose Sara con il cuore che ancora le batteva forte nel petto. Il suo sguardo si posò sul bicchiere rotto e il vino rovesciato sul pavimento. «Che disastro. Dovete scusarmi, per aver rotto il vostro prezioso bicchiere».
Lui la osservò con un espressione gentile. «Sono io che devo porgere le mie scuse, per avervi spaventata. E vi prego, non preoccupatevi per il bicchiere, manderò a chiamare il nostro valletto», disse cercando di ritrovare la sua solita compostezza. «Immaginavo di trovarvi qui, questo è uno dei pochi luoghi della casa che preferisco. Amo trascorrere qui la maggior parte delle mie giornate, lontano dal mondo, dalle esigenze della società. In un certo senso, qui riesco a ritrovare me stesso». La sua voce era calma e calorosa come una carezza gentile.
Sara lo guardò imbarazzata per essersi intrufolata in una stanza privata. «Perdonatemi, ma non avrei mai dovuto invadere il vostro spazio», si scusò mentre le sue guance diventavano sempre più rosse. «Forse sarebbe il caso che ritornassi alla festa… Sapete non vorrei perdermi gli ultimi noiosi pettegolezzi di Mrs Bennet o meglio ancora, gli sproloqui di Mr Collins».
Proprio mentre Sara stava per uscire dalla stanza, Darcy allungò delicatamente la mano e la fermò. Con sua immensa sorpresa di Darcy, lei non lo allontanò, ma rimase lì dov’era. Darcy era così vicino da poter sentire il dolce profumo della sua pelle e dei suoi capelli. Il mondo introno a loro sembrò dissolversi per un breve istante. Ogni attrito tra loro due si dissolse in un secondo.
Darcy si avvicinò a lei sussurrandole. «Se è il libro ciò che desiderate, sarò ben lieto di accontentarvi di nuovo».
Lei riuscì a dire solo un flebile grazie, incapace di muoversi e di pronunciare qualsiasi altro suono. Sussultò e il respiro le si bloccò in gola mentre incrociava lo sguardo magnetico di lui. E poi, senza dire una parola, Darcy si avvicinò ancora di più a lei. Percepì il suo stesso desiderio pulsare in tutto il suo corpo. Il tempo stesso sembrava essersi fermato. Dopo un attimo di esitazione, con una mano tremante Darcy le accarezzò delicatamente la guancia e infine, al culmine della loro debolezza, le loro labbra si incrociarono in un dolce bacio appassionato.
«Avete catturato il mio cuore in un modo che nessun altro ha mai fatto», confessò Darcy, con la voce tremante piena di emozione.
Sara rimase impietrita di fronte a quell’inaspettata confessione. Tutto si sarebbe aspettata fuorché ritrovarsi abbracciata a un uomo da lei più volte definito rigido e freddo. Nel profondo del suo cuore avrebbe desiderato tuffarsi in questo amore impossibile, ma questo significava buttare alle spalle tutto il suo mondo e la sua vita in modo a dir poco irrevocabile. Appartenevano a due realtà separate che mai si sarebbero dovute incontrare. Per uno strano scherzo del destino passato e futuro si erano uniti e le loro anime si erano incrociate, ma così come quel destino così crudele li avevano uniti, allo stesso tempo forse li avrebbero nuovamente divisi. Una parte di lei desiderava lasciarsi andare e abbracciare questo inaspettato amore, un’altra invece, bramava per tornare nella sua realtà riposta in un lontano futuro.
Per quanto fosse difficile e razionale, si staccò dal suo dolce abbraccio e disse: «Fitzwilliam, le tue parole mi hanno colto di sorpresa. Grazie per l’affetto che provi per me, ma mi duole dovertelo dire, credo che i nostri due mondi siano incompatibili». Senza guardarlo negli occhi si voltò e se ne andò dalla stanza. Darcy rimase lì in piedi davanti alla porta chiusa ancora frastornato e perso in un turbine di emozioni contrastanti. Fitzwilliam Darcy sei stato uno sciocco, pensò lui, cosa ti ha fatto pensare che una giovane donna come Sara potesse accettare il tuo amore. Con le dita si toccò le labbra complici di quel bacio rubato e posseduto solo per un breve istante. In un momento di pura vulnerabilità si era abbandonato a quella passione che cercava di reprimere. Poteva ancora sentire il profumo della sua pelle e il sapore delle sue morbide labbra. Trattenne per se quel ricordo, lo ripose in un angolo della sua mente per non farlo svanire. Era come se un fuoco ardente si fosse acceso dentro di lui, lo sentiva ardere dentro il suo corpo, come una forza dolorosa pronta a liberarsi e a divampare completamente. Giorno per giorno questa ondata di emozioni sembravano crescere e mano a mano lo logoravano sempre di più. L’intensità dei sentimenti che provava per Sara era innegabile, perfino opprimente: sentiva il bisogno di stringerla tra le sue braccia, di possederla con una tale passione fino a togliergli il fiato. In un attimo di riflessione si chiese quale tipo di amore fosse stato mai questo, capace di consumare il suo essere a tal punto. Cercò di liberarsi dalla morsa soffocante che stringeva il suo cuore, mentre i dubbi e le incertezze si insinuavano nella sua mente. Davanti a quella porta chiusa pensò alle sue parole. Credo che i nostri due mondi siano incompatibili… Se riuscisse a mettere da parte tutti i pregiudizi sulla mia famiglia e su ciò che rappresento nella società, lei riuscirebbe mai ad amarmi? È probabile che io non meriti il suo amore, me la fatto intendere più volte. Sarei capace di rinunciare a tutto per lei, il mio titolo, le mie proprietà, la mia ricchezza… se solo me lo chiedesse… se solo lei riuscisse a ricambiare il mio amore… se solo se… …Questa è pazzia, lo so. Quale uomo sano di mente sarebbe capace di rinunciare al suo aristocratico futuro solo per una donna? …Fitzwilliam… Per la prima volta l’ho sentita chiamarmi con il nome, vorrà pur dire qualcosa tutto ciò? Con il cuore appesantito dalle parole non dette e dall’amore non corrisposto, Darcy fece un respiro profondo e si allontanò dalla porta chiusa, deciso di abbracciare qualsiasi cosa il futuro avesse per lui, ma sempre con una speranza indelebile nel suo cuore.
Dopo il bacio appassionato con il tanto discusso gentiluomo, Sara ricominciò a riprendersi. Le chiesero di suonare e cantare alcuni brani al pianoforte, ma nonostante la sua incredibile passione per la musica decise di rifiutare l’invito — erano ancora troppo forti i pensieri su Darcy e la sua mente era circondata da una nebbia difficile da far dissolvere. Sara confessò di non sentirsi affatto bene e che non era in grado di esibire il suo talento — in parte era anche vero. Le forti emozioni provate le rendeva impossibile concentrarsi su qualsiasi altra cosa le venisse proposto. La proposta fu accettata da Mary Bennet che si accinse ad esaudire la richiesta senza protestare troppo.
Mary Bennet era una pianista molto abile, piena di entusiasmo e di amore per la musica, sempre pronta a dimostrare il proprio valore. Tuttavia, nonostante il virtuosismo al pianoforte, le sue capacità vocali erano inferiori alla sua abilità di suonare lo strumento. Quando le prime note del brano risuonarono nella sala, divenne evidente che il canto di Mary era tutt'altro che esemplare. La sua voce vacillava e si incrinava, l'esibizione seppur ottima alla tastiera, venne rovinosamente oscurata dai suoni discordanti che provenivano dalla sua voce. Mentre Mary si sforzava di eseguire nel miglior modo possibile il brano, Sara ripensò alle sensazioni lasciate dall’incontro con Darcy, il loro rapporto era di natura agrodolce, a volte disarmonico come le note stonate della canzone appena conclusa.
Appena terminata la romanza e dopo aver raccolto solo pochi applausi da parte del pubblico, decise di cominciare un altro brano. Tra tutti i presenti, Sara era l’unica persona della sala a provare una sincera simpatia per la pianista: il suo coraggio era oltremodo ammirevole. La situazione le ricordava molto la sua adolescenza e le sue serate passate a cantare al karaoke con le amiche, quando senza remore, prendevano il microfono e salivano sul palco, incuranti del giudizio altrui, e cantavano le loro canzoni preferite senza pensare a nulla se non cantare. La loro perfezione vocale era tutt’altro che perfetta, ma questo a loro non importava. Ogni canzone era un miscuglio di note imperfette che si fondeva con armonia nella spensieratezza e nella gaiezza della serata. Con un sorriso nostalgico, Sara incoraggiò in modo silenzioso Mary, in cuor suo sperava che riuscisse a trovare la sua strada e che fosse capace di creare prima o poi, quella sinfonia armoniosa della sua vita in grado di risuonare profondamente con chiunque fosse disposto ad ascoltarla. Era come un promemoria per ricordarle che a volte sono proprio i difetti e le vulnerabilità a rendere la vita ancora più umana e comprensibile.
Quando Mary ebbe finito di suonare la sua seconda romanza venne interrotta da suo padre.
«Ci hai deliziati abbastanza bambina mia», disse Mr Bennet mentre spostava gli spartiti di sua figlia appoggiati sul pianoforte. «Permetti anche alle altre signorine di esibirsi».
Mary rimase molto delusa e dispiaciuta per le affermazioni di suo padre. Con compostezza si alzò dalla sedia, prese le sue cose e scivolò via stingendo a se i suoi preziosi spartiti.
L’esibizioni di promettenti pianiste proseguirono a cominciare da Mrs Hurst che suonò in modo impeccabile alcuni brani di Mozart. Ci furono un susseguirsi di musiche di varia natura. Il resto della serata non fu molto divertente. Dopo il noioso discorso di Mr Collins sulla musica e il canto, che secondo lui era un’innocente diversivo perfettamente compatibile con la sua professione, l’ecclesiastico cercò in tutti i modi di convincere Sara a ballare di nuovo con lui. Le sue instancabili richieste andarono tutte a vuoto. Sara si sentiva continuamente osservata, non solo dallo sguardo di Mr Darcy che in alcuni casi appariva alquanto divertito, ma anche da Mrs Bennet. La rigida espressione del suo volto diceva tutto: la preda era già promesso a sua figlia. Sara cercò di indirizzare le estenuanti attenzioni dell’ecclesiastico verso altre giovani donne presenti nella sala — ben più disposte a parlare con lui. Ma, ahimè, non servì proprio a nulla. Non c’era modo di fuggire da quell’uomo appiccicoso e insolente, tanto che ad un certo punto Sara riuscì perfino a definirlo “stalker”. L’unico conforto che Sara ebbe il piacere di trovare, fu la sua amica Charlotte, infatti solo lei riuscì a mediare e sostenere con certo rigore le argomentazioni sciocche di Mr Collins. Poi c’era chi come Mr Bingley che si comportava come se nulla fosse accaduto: era così sereno e felice di stare accanto a Jane che ogni altra cosa per lui era incredibilmente superflua.
Nelle ore successive Mr Darcy stette a breve distanza da Sara, e non le si avvicinò mai abbastanza per poterle parlare ancora. Tra una danza e l’altra e un pettegolezzo e l’altro, piano, piano la festa andò scemando e quando le ultime note si esaurirono, la famiglia Bennet assieme a Sara, si avviarono verso l’uscita per lasciare Netherfield. Nell’ultimo quarto d’ora prima dell’arrivo della carrozza, Mrs Bennet espresse la sua volontà di rivederli a Longbourn. L’invito a pranzo o in qualunque altro momento della giornata era indirizzato in modo particolare a Mr Bingley. Lui accettò di buon grado e promise di andarli a trovare subito dopo il suo ritorno da Londra. Al suono di quelle parole Mrs Bennet lasciò la casa, tra i numerosi sbadigli della figlia Lydia e i lunghi ed estenuanti discorsi di Mr Collins.