Un'altra vita all’improvviso - Come farsi catapultare impreparati nel mondo di Jane Austen - Capitolo 3 • Barbara Mapelli
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Un’altra vita all’improvviso – Come farsi catapultare impreparati nel mondo di Jane Austen – Capitolo 3

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Romanzo a puntate scritto da Barbara Mapelli

Versione alternativa a "Orgoglio e Pregiudizio"


 

Capitolo 3

Il Diario di Sara

Venerdì 6 settembre 1811
Un’altra giornata favolosa, in questo luogo pieno di problemi che aspettano solo di essere risolti. La mia recente passeggiata a Maryton è cominciata molto bene, ma poi si è conclusa in un perfetto disastro. Sono ritornata a casa dei Bennet con l’abito sporco di terra e polvere, le mani graffiate e il ginocchio dolorante che pulsava per colpa di una caduta non molto fortunata. Appena ho messo piede in soggiorno, ho dovuto sorbirmi venti minuti di litania da parte della signora Bennet.
“Non è dignitoso qui, non è dignitoso là”, bla, bla, bla…
Non mi ha nemmeno chiesto come stavo. Era troppo concentrata a rimproverarmi per la mia apparente mancanza di “dignità”. Tu mare grega, sono caduta a terra! In che condizioni dovevo tornare indietro?
Mi fa male il ginocchio…
Ogni tanto la signora Bennet si comporta come una vecchia brontolona. Ho fatto finta di non sentirla anche perché diceva solo delle sciocchezze.
Il signor Bennet, invece, è stato molto gentile con me. Ha brontolato molto con la moglie, rispondendogli per le rime e poi, finalmente la fatta tacere con poche parole taglienti.
1 a 0 per Sara. Palla al centro.
Dopo la mia frenetica corsa per fermare le signora Hill (senza successo), sono andata nello stesso negozio in cui l’ho vista uscire. Ho parlato con il negoziante, cercando un qualsiasi indizio su questa misteriosa donna.
La buona notizia: ho scoperto che è una cliente abituale. Questo significa che potrebbe esserci ancora una possibilità di incontrarla di nuovo e riuscire così a capire come tornare a casa.
La cattiva notizia: dovrò aspettare qui ancora ben tre mesi prima che faccia ritorno… Che gioia! 🙄

 

Venerdì 6 setembre 1811
Ogni giorno che pasa in sto logo devo afrontar sempre più problemi che no rivo a risolver. La caminada a Meryton, per quanto la ga cominsiado ben, ala fine la se ga rivelado un vero casin. Son tornada a casa dei Bennet co ‘l vestito tuto sporco. Go dovudo sorbirme venti minuti de làina de parte dela siora Bennet che no te digo. No xe dignitoso là, no xe dignitoso qua e bla, bla, bla… Non la me ga gnanca domandado come che stago. Tu mare grega me son tolada per tera, come la pensa che dovevo tornar?
E me diol anca el genocio.
Zerte volte la se comporta come una vecia marantiga. Go distudà le orece, parvia che la ciacola solo monade.
El sior Bennet devo dir che xe sta sai cocolo con mi. Ga brontolado sai con la molie. Ghe ga risposto per le rime e po finalmente la xe stada zita.
Dopo la mia corsa per fermar la siora Hill, son ‘ndada nela botega do che la go vista vignir fora. Go ciacolà col marzer. No me spetavo de saver qualcosa su sta siora.
Xe una roba positiva: la xe un’abitudinaria. Ogni tre mesi la va in quela botega a ordinar vestiti, quindi ghe pol eser ’ncora qualche speranza de becarla e capir come tornar casa.
La roba negativa inveze xe che devo spetar tre mesi prima che la torni. Co ghe penso me se strenzi ‘l popoci…

 

Lunedì 16 settembre 1811

La mia vita in questo secolo è molto complicata.
Totale mancanza di:
• Elettricità
• Servizi igienici decenti
• Tecnologia
• Mezzi di trasporto che non siano trainati da cavalli o animali vari ed eventuali
• Assistenza sanitaria che non mette in pericolo la tua vita
• Prodotti per la pulizia personale
• Acqua corrente
• Acqua calda

Sigh!

 

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Lunedì 16 setembre 1811

La mia vita in sto secolo la xe sai bibiosa.
Total mancanza de:
• Eletrizità
• Servizi igienici come dio comanda
• Tecnologia
• Mezi de trasporto che no sia zucai da cavai o bestie varie
• Un’asistenza sanitaria che no meti in pericolo la tua vita
• Tute quele robe e quei prodoti che te permeti una pulizia personal dezente
• Acqua corente
• Acqua calda

Sigh!

 

Giovedì 19 settembre 1811

Conoscenza approfondita del galateo: poche idee e confuse.
Parlare senza discutere di politica: non ce la posso fare.
Capacità di dire solo sciocchezze: come sopra.
Smetterla di guardare il cellulare nella speranza di prendere la linea: non c’è linea, è inutile che guardi ogni secondo il telefono.
Conoscere alcuni modi di dire per comprendere una chiacchierata tra donne del XIX secolo: ne conosco poche, qualcuna me l’ha spiegata Jane.
“Blade”, che non è Blade il vampiro, ma significa “bellimbusto, elegantone”, una versione più grezza di “Beau” che significa un bel uomo, ma con la puzza sotto il naso. Se dobbiamo definire un uomo ubriaco, si dovrà usare il termine: “Drunk as wheelbarrow”; invece, se dobbiamo insultare con eleganza qualcuno, si può dire “Vulgar mushroom”, cioè uno pieno di soldi, pieno di sé. Il “Buffle-headed” o “dunderhead” sarebbe il nostro “mona” (stupido), ma detto in modo più gentile (ma sempre mona rimane); “High in the instep”, è la persona arrogante; “Doing it too much brown”, si intende una persona che esagera troppo.
Capacità di ricamare: Nessuna 😕
Interesse per il matrimonio: molto confusa 🥴
Balli conosciuti: E… Boh…
Capacità di intrattenere gli ospiti suonando il pianoforte: questo sì! Se gli piace la musica del XX e XXI secolo.
Capacità canore: direi di sì, ma solo canto moderno. Quindi come sopra.
Capacità artistiche: Ottime.
Verginità: … Passiamo al punto successivo…
Capacità di adattamento a questo secolo da 1 a 10: … 3 1/2

 

Giovedì 19 setembre 1811

Conossenza aprofondida del galateo: poche idee e confuse.
Ciacolar senza parlar de politica: no ghe la poso far.
Capazità de ciacolar solo monade: come sora.
Finir de vardar el celulare nela speranza de ciapar linea: no xe linea, xe inutle che te vardi ogni do per tre el celular.
Imparar alcuni modi de dir per capir una ciacolada tra babe: ne conoso poche, ma qualcheduna me la ga spiegada Jane.
“Blade”, che no xe Blade il vampiro, ma vol dir “bellimbusto, elegantone”, una version più greza de “Beau” che vol dir un bel omo montà sul scagno. Se dovemo definir un che xe duro come un scalin, bisognerà usar el termine “Drunk as wheelbarrow”; inveze, se dovemo insultar con eleganza qualchedun, se pol dir “Vulgar mushroom”, xe un che ga do soldi de mona in scarsela e che caga continuamente fora del bucal. Il “Buffle-headed” o “dunderhead” saria el nostro mona, ma dito in modo più forbito (ma sempre mona el resta); “High in the instep”, xe chi monta sul scagno; “Doing it too much brown”, xe un che spara cagade a nastro.
Soramanigo nel ricamar: Nics 😕
Interese per el matrimonio: Sai confusa 🥴
Bali conosudi: no go alba
Capazità de intratener i ospiti sonando el pianoforte: questo sì, sperando che ghe piasi la musica del XX e XXI secolo.
Capazità nel cantar: diria de sì, ma solo canto moderno. Quindi come sora.
Arte: Diria otimo.
Verginità: … Pasemo oltre…
Capazità de adatamento a sto secolo da 1 a 10: … 3 1/2

 

Martedì 24 settembre 1811

Sono tornata più volte alla porta di pietra situata nel giardino dei Bennet, sperando di trovare delle risposte che mi potessero riportare a casa. Quella porta sembra essere l’unica via. Le criptiche iscrizioni trovate sulla sua superficie sono simili a quelle sull’altro ingresso. Con attenzione ho studiato le iscrizioni e i simboli incisi e le ho trascritte sul mio diario. Ho cercato di decriptare il loro significato, ma ogni mio tentativo è stato vano.
Qualcosa sfugge dalla mia comprensione. Deve esserci un modo per aprire questa porta.
Se solo riuscissi a comprendere le iscrizioni…

Martedì 24 setembre 1811

Son tornada più volte ala porta de piera che la xe nel giradin de i siori Bennet, per zercar de capir come poso tornar a casa. Quela porta par l’unica via. Le scrite trovade su la superficie le xe simili a quele su l’altro ingreso. Con atenzion go studiado le scrite e i simboli incisi e le go copiade su el mio diario. Go zercado de capir cosa le vol dir, ma gnente. Son andà baul e tornà cason.
Qualcosa me scampa da la mia comprension. Ghe devi eser un modo per verzer sta porta.
Se solo rivasi a capir le scrite…

 

 

Venerdì 27 settembre 1811

Oggi il peso della mia tristezza grava sul mio cuore. Non so proprio cosa fare. L’idea di dover aspettare ancora dei mesi prima di poter rivedere la signora Hill mi sta distruggendo.
Mentre ero nella mia stanza a cercare una soluzione, ho chiuso il mio diario e sono andata a cercare conforto in uno dei pochi luogo tranquilli della casa: la biblioteca del signor Bennet. Quando sono entrata l’ho trovato seduto sulla sua poltrona preferita, immerso nella lettura. La scena mi ha riempito il cuore di tenerezza. Certo, il suo modo di essere sarcastico e cinico può risultare fastidioso, ma sotto quella scorza si nasconde un uomo colto e intelligente.
Non lontano da lui c’era sua figlia Mary, persa nei suoi studi. Al rumore dei miei passi, Mary ha raccolto in tutta fretta una pila di libri e, senza alcun apparente motivo, è fuggita via dalla stanza. Forse voleva solo evitarmi.
Il signor Bennet mi ha spiegato che sua figlia è una ragazza molto timida, molto presa dai suoi amati libri e dalla musica. Gli confidai che anch’io avevo la sua stessa passione e lui entusiasta, mi ha implorato ardentemente se potevo suonare qualcosa per lui al pianoforte, un giorno. All’inizio ho esitato un po’, ma alla fine ho accettato — non appena Mary deciderà di cedere il controllo dello strumento.
È stato piacevole parlare con il signor Bennet: è un uomo divertente e intelligente. Trascorre molto tempo rinchiuso in questa stanza, tra scansie piene di libri, documenti e cartine geografiche. La sua giustificazione è stata: “Per sfuggire dalle sciocchezze di mia moglie”. Come dargli torto.
Abbiamo conversato per ore di molte cose: letteratura, arte, religione e politica. Mi ha raccontato molte storie sulla sua famiglia e sulla loro vita in campagna. Sono stata molto bene in sua compagnia e per la prima volta non ho sentito la nostalgia di casa. Mi ha anche raccontato di aver incontrato il celebre e giovane Bingley, un uomo tanto bello quanto gentile. Era accompagnato da due amici: Darcy e Hurst. Mi ha ricordato che Bingley è appena arrivato in città per prendere possesso della sua nuova tenuta a Netherfield Park. Sembra che questo Bingley sia molto cordiale con tutti e che sia già riuscito a farsi molti amici tra i vicini di campagna.
Devo ammetterlo, queste notizie mi interessano poco. Invece, ciò che mi preoccupa è l’imminente ballo a Meryton che si terrà tra due settimane. Nonostante la piacevole conversazione, ancora adesso, tutta questa situazione in cui mi trovo, mi sembra surreale.
Quando sono uscita dalla biblioteca per tornare nella mia stanza, ho incontrato Mary nel corridoio. Ci siamo scambiate un sorriso. Lei mi ha risposto timidamente. Ho notato che aveva ancora i suoi libri tra le mani. Le ho detto che, un giorno, sarebbe stato bello suonare insieme al pianoforte. Lei ha accettato.

 

Venerdì 27 setembre 1811

Ogi, son zo de bala. No so proprio cosa far. L’idea de spetar ’ncora tre mesi per poder veder denovo la siora Hill me sta copando.
Co iero int’el la camara a zercar ’na soluzion, go serado ’l mio diario e son rifugiada in un dei pochi loghi queti de la casa: la biblioteca del sior Bennet.
Co son entrada lo go trovado sentà su la sua poltrona preferida, conzentrà ne la letura. La sena me ga impinido ’l cuor. Zerto, ’l suo modo de eser ironico e ciničen che pol risultar fastidioso, ma soto quela scorza se nascondi un omo colto e con zervel.
No lontan de lu, iera su fia Mary, persa a studiar. Co la ga sentì i mii pasi, la ga ingrumà in furia i libri e, senza nisun motivo, la xe scampada fora de la porta. Forsi no la voleva star con mi.
El sior Bennet me ga dito che la xe sai spaurosa, cussì ciapada da lo studio e dal pianoforte. Go contado che anche mi go la sua stesa pasion e lu, tuto contento ’l me ga domandado se un giorno, podevo sonar qualcosa al pianoforte. No iero sai sicura, ma a la fine ghe go dito de sì – ’pena Mery la se stacherà dal pianoforte parvia che la xe sempre la tacada a sonar.
Xe stà sai bel parlar col sior Bennet: xe un omo materan e con zervel. Pasa sai tempo serà in ‘sto logo, tra scanzie pien de libri, documenti e cartine geografiche. El motivo xe stà: “per no sentir le monade de mia molie”. Come darghe torto.
Gavemo ciacolado per ore e ore de sai robe: leteratura, arte, religion e politica. Son stada ben e per la prima volta no go pensà a casa mia. El me ga anche dito de gaver incontrado el zelebre e giovine sior Bingley, un omo sai bel e cocolo. Iera compagnado da una clapa de amici tra sti qua iera un zerto Darcy e Hurst. El me ga ricordà che Bingley xe ’pena rivado in zità per ciol la sua nova casa a Netherfield Park. Par che sto Bingley ’l xe sai cordial co tuti e che ’l xe za rivado a farse sai amici tra la gente de la campagna. Devo dir che no ‘l lo go neanche pe i tachi. La roba che sai me impensierisi xe ’l balo de Meryton che ghe sarà tra do setimane. Sigh! Contutoziò la compiazente ciacolada, ’ncora deso, tuta sta situazion in cui me trovo, me par che no la sia real.
Co son ‘ndada fora de la biblioteca per tronar in camara mia, go incontrado Mary nel àndito. Se semo scambiade un soriso. Ela la me ga risposto in modo spaurido. Go visto che la gaveva ’ncora i sui libri tra le man. Ghe go dito che, un zorno, saria stà bel sonar insieme al pianoforte. Ela la ga acetado.

 

N

ella quiete della sera, Sara decise di ritirarsi prima del solito. Accese una candela e salì, a passi lenti, le scricchiolanti scale di legno. A poco a poco i suoi occhi si abituarono al fievole bagliore della fiammella tremolante, che si muoveva a destra e a sinistra, ondeggiando allegramente come un compagno spettrale. Quando si avvicinò alla sua stanza, un vuoto si annidò nelle sue viscere. Non era la mancanza delle comodità del ventunesimo secolo che le mancava, ma era qualcosa di più profondo e indefinibile che non riusciva ancora ad afferrare. Nostalgia e malinconia si stavano intrecciando nel suo cuore, tessendo un insolito arazzo di emozioni discordanti. I ricordi iniziarono la loro lenta danza all'interno della sua anima, creando un cocktail inebriante di nostalgia e desiderio per i tempi perduti. Più passavano i giorni, più Sara si accorgeva dell’esistenza di un profondo abisso che separava le due realtà, così lontane e contrastanti in ogni aspetto della vita umana. Nonostante la sua lotta quotidiana, il vuoto si rifiutava di dissolversi, rimaneva lì, in attesa di essere riempito. Lo percepiva nel suo profondo perché era una parte di lei, e le sussurrava i segreti di una vita ancora ignota e di cui lei poteva solo vagamente immaginare. 
Sara afferrò abilmente la maniglia e aprì la porta di quella che un tempo era stata la camera di Elisabeth. Il caminetto era già acceso e il tiepido calore della camera si faceva già sentire. L’assenza dell’illuminazione artificiale le faceva un certo effetto, soprattutto la notte, prima di dormire, quando si metteva a leggere un bel libro o a scrivere il proprio diario. 

Quella sera decise di non annotare nulla della sua giornata e dei suoi pensieri. Prese invece un libro e solo dopo poche pagine, le sue palpebre si fecero pesanti e si abbandonò in un sonno profondo. Nel regno dei sogni, il tempo sembrò perdere il suo significato, scivolando via come sabbia. Non sapeva se fossero passate due, tre ore o forse di più, lei aveva perso la cognizione del tempo. All'improvviso, Sara aprì gli occhi allarmata quando i primi raggi dell'alba fecero capolino dalla finestra. La sua camicia da notte era inzuppata di sudore e le si appiccicava alla pelle in modo fastidioso. Cercò di ricordare il suo sogno: le immagini apparse nella sua mente erano vaghe e confuse per riuscire a dare un senso. Tuttavia, i simboli che l'avevano tormentata erano ancora dolorosamente chiari. Segni sconosciuti di cui non riusciva a decifrarne il significato.

Nella casa aleggiava ancora un profondo silenzio, ma il suo cuore batteva forte nel petto come se stesse cercando di fuggire dalla sua prigione di carne e ossa. In quello stato non sarebbe riuscita a dormire ancora, così si alzò dal letto e accese una candela per illuminare la stanza. Si avvicinò allo specchio vicino alla finestra e guardò dentro gli occhi riflessi. Il suo sguardo sembrava essere cambiato. Sara si voltò e andò verso l'armadio per cambiarsi. Prese la sua maglia bianca e i pantaloni morbidi, adatti per correre. Non era mai stata una grande amante dello sport, ma ultimamente aveva cominciato a correre tutte le mattine come sfogo ai suoi pensieri confusi. 

Mentre si cambiava, meditò su quali possibili implicazioni avrebbe potuto portare quel gesto: una giovane donna vestita con una tuta da ginnastica intenta a correre su un sentiero alle prime luci dell’alba, era uno spettacolo davvero insolito. I tabù spesso superavano ciò che la società considerava moralmente accettabile. Tuttavia Sara si rifiutava di dare ascolto a questi vincoli sociali, lei aveva bisogno di muoversi liberamente e di seguire il suo istinto naturale. Con questo pensiero, le sue preoccupazioni svolazzarono via come foglie d'autunno al vento. Tutto ciò che desiderava era schiarirsi le idee, e questo contava più di ogni altra cosa. Finalmente pronta, Sara uscì dalla casa in perfetto silenzio e con passo deciso si incamminò verso il bosco che circondava la casa.

C’erano due sentieri sterrati che si di diramavano dalla proprietà dei Bennet. Senza pensarci troppo, ne scelse uno e cominciò a correre. Percorse un lungo sentiero alberato e si immerse nella natura rigogliosa del bosco. Il fresco odore del mattino, della terra umida e dei fiori selvatici, inebriava le sue narici a ogni sua falcata. Si lasciò guidare dai suoi istinti, senza seguire alcun percorso prestabilito. Mentre correva, la mente di Sara si svuotava di tutte le preoccupazioni e iniziò a riempirsi solo dei suoni della natura: il canto degli uccelli, il fruscio delle foglie mosse dal vento e l'odore dell'erba bagnata dalla rugiada. Pensò a quanto le mancasse correre lungo i sentieri tortuosi del Carso o percorrere con i suoi amici il lungo mare triestino. Ma anche il paesaggio che la circondava non era da meno: ricco e rigoglioso, dai prati verdi come smeraldo grazie alle intermittenti piogge annuali. Il fresco abbraccio della natura era ancora fresco e vivo, pieno di fiori, i cui magici profumi venivano trasportati dalla brezza leggera.

Sara iniziò a rallentare la sua corsa, fino a fermarsi del tutto. Si sentiva completamente in pace con se stessa e con l'ambiente circostante; un momento di puro benessere che voleva conservare nella memoria. Con una mano si appoggiò alla corteccia ruvida di un albero vicino per riprendere un po’ di fiato. Sentiva il suo cuore battere forte per lo sforzo. Chiuse gli occhi per qualche istante, cercando di raccogliere le proprie forze, ma quando li riaprì vide un uomo a cavallo in lontananza. Un metro dopo l’altro stava avanzando verso di lei.

 Il panico le attraversò il corpo e cercò freneticamente un posto dove nascondersi, ma intorno a lei non c’era nulla, se non prati verdi e pochi alberi sparsi qua e là che non offrivano alcuna copertura. La tensione le fece irrigidire i muscoli del corpo.

Perché avrebbe mai dovuto temere questo sconosciuto? Si chiese Sara tra dentro di sé. Fece due lunghi respiri profondi per ritrovare la calma.

L’uomo era oramai così vicino che riuscì a distinguere i tratti: era un’alta figura dai bei lineamenti del viso e lo sguardo fiero e sicuro. Guidava il possente destriero con disinvoltura, come se fosse un’estensione del suo corpo. I muscoli delle braccia si tendevano sotto la camicia mentre stringeva le redini.

Sara non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, come se ci fosse un'attrazione magnetica che la inchiodava sul posto, lasciandola senza fiato. Lo straniero le passò accanto con un’espressione mista di sorpresa e stupore. Lo sguardo di lui scivolò sulla figura atletica di Sara, stretta in abiti aderenti e sportivi. I loro occhi si incrociarono per alcuni istanti, pochi secondi interminabili.

Il cuore di Sara sussultò nel suo petto, poi lo sentì battere fino alla gola. L’uomo la salutò con un cenno di capo, mentre lei rimase immobile, incapace di pronunciare anche il più semplice dei saluti. Con lo sguardo fisso su di lui, lo vide allontanarsi lentamente finché non scomparve dalla sua vista.

Il sole era già sorto nel cielo e i suoi raggi cominciarono a scaldarle il volto. Sara si ridestò. da quell’incontro fulmineo con lo straniero. Raccolse tutte le sue forze e si incamminò verso la casa dei Bennet.     


Il Diario di Sara

Sabato 28 settembre 1811

Wow! La signora Bennet sembra davvero adorarmi… Questa mattina, proprio mentre tornavo a casa dalla mia piacevole corsa, mi ha colto di sorpresa e ha subito cominciato a insistere sul fatto che: “Non è dignitoso”. Non ho potuto fare a meno di chiedermi come quel sant’uomo del signor Bennet, sia riuscito a sopportarla per tutti questi anni. Una donna così pesante. Ma, come sempre, è intervenuto il mio salvatore: il signor Bennet. Per mantenere la pace in famiglia, almeno finché rimarrò bloccata qui, mi ha chiesto di astenermi dal correre all’aria aperta, soprattutto senza un vestito adeguato…

Santo cielo! Ho speso un sacco di soldi per comprare questo abbigliamento sportivo firmato. Ma, ahimè, sembra che non abbia molta scelta.

La disapprovazione della signora Bennet non mi sorprende, si preoccupa molto dello status sociale e delle apparenze. Beh, suppongo che troverò qualche altra attività per tenermi in forma: forse ricamare mentre pratico un po’ di yoga potrebbe funzionare.

Dopo tutto questo trambusto, sono andata a farmi un bagno — ghiacciato. Un’esperienza davvero piacevole, proprio quello che tutti sognano di fare. Mentre mi immergevo nell’acqua gelida, mi sono trovata a pensare all’uomo a cavallo che ho incontrato oggi… devo ammetterlo, un tuffo nell'acqua gelida è stata proprio la cosa giusta per raffreddare i miei bollenti spiriti.

Quando sono andata in camera mia, potevo sentire ancora le lamentele della signora Bennet. Ci volle un bel po' di tempo prima che la sua voce svanisse del tutto. Pace per le mie orecchie. Mi sono tuffata sul letto e ho iniziato a leggere un romanzo che ho preso dalla biblioteca del signor Bennet. 


Sabato 28 setembre 1811

Wow! Penso che la siora Bennet la me adori. Sta matina, ’pena son tornada casa da la corsa, la me ga becado subito e la ga tirado fora ’ncora la storia del “no xe dignitoso”. No go podù far a meno de domandarme come quel santo omo del sior Bennet ’l ga riavado a guantarla per tuti sti ani. Che cugno de baba. Come sempre xe intervegnù ’l mio salvator: el sior Bennet. Per mantignir la pase in familia, almeno fin quando son blocada qua, ’l me ga domandà de no andar far corse fora, in modo particolar senza un vestito giusto. Va ben, farò qualcossa de altro per tignirme in forma. 

Camadodise! Go speso un fraco de pila per comprar sto vestito sportivo firmà. Ma, ahimè, par che no go altra scelta. La disaprovazion de la siora Bennet non me sorprendi, la se preocupa sai del status social e de le aparenze. Beh, penso che trovarò qualche altra atività per tignirme in forma: forse ricamar co fazo un poco de yoga podesi funzionar.

Dopo tuto sto scandal son ‘ndada a far un bagno – iazado. ‘Na prova sai bela, propio quel che tuti sogna de far.

Mentre me tociavo in’tel acqua iazada, me son mesa a pensar a l’omo sul caval che go incontrà ogi… a vardar ben, un toc in’tel acqua iazada me ga fato sai ben. Bronza coverta!

 Co son andà in camara mia, podevo ancora sentir le lagne de la siora Bennet. La brontolava come una cogoma. Ga durà bastanza e po no la go più sentida per un poco de tempo. Pase per le mie orece. Me son mesa a leger un romanzo che go ciolto dala biblioteca del sior Bennet.



Un po’ più tardi

La signora Bennet è entrata in camera mia con tutta l'eccitazione di un bambino che ha appena scoperto un nuovo giocattolo, esclamando di aver trovato la soluzione perfetta per me…

Sembra più determinata di un cane con un osso a farmi seguire le sue regole da “lady”.

Onestamente nessuno le ha mai chiesto il suo parere in merito. Questo mi preoccupa molto.

Mi ha informato con gioia che lei e Lady Lucas hanno discusso della mia situazione e hanno concordato di aiutarmi fornendomi una chaperon 

Oh cielo! Si comporta come se fossi una bambina sperduta che rischia di finire nei guai. Le ho risposto che non avevo bisogno di una guardia del corpo, ma credo che non abbia capito cosa intendessi dire. Ha poi aggiunto dicendomi che se volevo rimanere lì con loro, avrei dovuto sapere come ci si comporta in pubblico e soprattuto con i gentiluomini perché non desiderava che cadessi nel disonore per colpa di qualche mio errato comportamento. A quanto pare, persino andare a correre nei boschi potrebbe essere considerato scandaloso.

Beh, non è che mi sono nascosta tra i cespugli con qualcuno per svolgere attività illecite o sconce, ho semplicemente fatto solo una corsa. Cosa c’è di così scandaloso in questo Dio solo lo sa!

Ha continuato a blaterare tutto il tempo su tutte le cose che avrei dovuto evitare di fare in società. E bla, bla, bla… Mi ha consegnato anche una lista come promemoria. Chissà, forse domani mi impedirà persino di respirare troppo rumorosamente in presenza dei gentiluomini, per timore che la mia espirazione maldestra possa causare uno scandalo senza precedenti!

Non sono riuscita nemmeno a dire una parola in mia difesa prima che se ne andasse, chiaramente soddisfatta di sé.



Un cicinin più tardi

La siora Bennet la xe vegnuda in camara mia tuta contenta come se la fusi un picio che ga pena scoverto un novo zogatolo. La me ga dito de gaver torvado una soluzion perfeta per mi… La par più determinada de un can con un oso a farme seguir le sue regole de “lady”.

Sinceramente nisun ghe ga mai domandà gnente. Perché la spaca le togne? Questo me impensieriva sai.

La me ga dito con alegria che ela e Lady Lucas le ga ciacolado su la mia situazion e le ga deciso insieme de aiutarme dandome ’na chaperon

Orpo! La se comporta come se fusi ’na muleta che la riscia de finir mal. Ghe go risposto che no gavevo bisogno de una guardia del corpo, ma credo che no la ga capido sai cosa volesi dir. La ga poi zontando che, se voi resar con lori, devo saver come se se comporta con la zente e in modo particolra con i gentiluomini parvia che ela no la vol che casco in disonor per colpa de qualchi mio sbaiada creanza. Da come par, perfin ’ndar a corer in’tei boschi podesi eser considerà imoral… 

Beh, no xe che me son sconta in graja con qualchidun per far robe proibide drio i fraschi, go solo fato ’na corsa. Cosa sarà mai de cussì scandaloso in sta roba, Dio solo sa. La ga continuado a ciacolar de robe che gavesi dovudo evitar in società. E bla, bla, bla… La me ga ànca consegnado ’na lista su un toco de carta. No go rivado gnanca a dir ’na parola in mia difesa prima che la ’ndasi via tuta felize. 



Domenica  29 settembre 1811

ore 15:00

Oh, che noia! Non sono mai stata ad una messa così soporifera in tutta la mia vita. La signora Bennet ha insistito così tanto perché mi unissi a loro. Mi chiedo per quale motivo non sia riuscita a inventare una scusa valida per saltare questo momento di noia. Non che sia una brutta idea andare in chiesa e pregare, ma la sua insistenza mi ha fatto sospettare che ci fosse un secondo fine dietro le sue parole.

E infatti, durante il sermone, mi ha pizzicato più volte per attirare la mia attenzione su vari scapoli, per lei idonei, presenti in chiesa. Il primo era un uomo sulla trentina rimasto vedovo da poco — se non fosse per la puzza di alcol lo avrei considerato quasi gradevole. L’altro era un tipo senza età e basso come un Hobbit. Sono rimasta scioccata dal suo comportamento e per avermi fatta sentire come un'esca da utilizzare per catturare un marito.

Mi sono affrettata a distogliere lo sguardo e a concentrarmi sul sermone, cercando di ignorare le continue occhiate della signora Bennet.

Inoltre, durante il pranzo, ha continuato ad elogiare le qualità dei diversi uomini che avevamo visto in chiesa e a sottolineare quanto sarebbero stati dei buoni partiti per me. Sono stata costretta a sorbirmi tutta questa farsa.

Onestamente, non posso credere che la signora Bennet voglia davvero trovare un marito per me così rapidamente. Non ho ancora avuto il tempo di conoscere neanche lontanamente gli abitanti del paese e già dovrei pensare al mio matrimonio? Per non parlare della mia relazione con Tomaš. Beh, ammesso che ce ne sia ancora una. 

Spero solo che questa faccenda dell’improvvisata agenzia matrimoniale e la stessa storia della chaperon si risolvano presto, perché non posso sopportare ancora a lungo i suoi tentativi di legarmi contrattualmente a un qualsiasi uomo single del villaggio. Chi ha bisogno di Tinder quando c'è la signora Bennet che si occupa di ogni gentiluomo del villaggio? Non mi sono mai iscritta su un sito di incontri e non intendo cominciare adesso. 



Domenica  29 setembre 1811

ore 15:00

Oh, che cruzio! Non son mai stada int’na messa cusì noiosa in tuta la mia vita. La siora Bennet la ga insistì sai parvia che la voleva che ’ndasi con lori. Me son domandada per qual motivo no son rivada a inventarme ’na flocia per saltar sto momento cugnoso. No xe ’na bruta idea ’ndar in cesa a pregar, ma la sua insistenza me ga fato pensar che ghe iera un secondo fine drio le sue ciacole.

>E difati, durante ’l sermon, la me ga pizigà più volte per atirar la mia atenzion su vari mati, per ela boni, che iera in cesa. El primo iera un omo su la trentina restà vedovo de poco — se no fusi per la spuza de alcol lo gaveria considerà quasi compaziente. L’altro ’l iera un mato senza età e curto come un Hobbit. Son restada sai colpida dai suoi modi e per averme fata sentir come ’na pampel da usar per guantar un marì.

Me son premurada de distolier l’ociada e a conzentrarme sul sermon, zercando de ignorar le continue ociade de la siora Bennet.

Per de più, durante ’l pranzo, la ga continuado a lodar le qualità dei vari omini che gavevimo ociado in cesa e a rimarcar quanto saria stadi ’na bona union per mi. Son stada costreta a sorbirme tuta sta paiazada.

No poso creder che la siora Bennet la ga veramente voia de trovarme un marì per mi, cusì de balin. No go ’ncora avudo ’l tempo de conoser gnanca de sbris la zente del paese e za doveria pensar al mio matrimonio? Per no parlar de la mia relazion con Tomaš. Beh, penso che ghe sia ’ncora una. 

Spero solo che sta fazenda de sto ghiribiz de la agenzia matrimonial e la storia de la chaperon se risolvi sguelto, parvia che no poso guantar ’ncora sai i sui dai e dai de ligarme a un qualunque omo single del rion. Chi ga bisogno de Tinder co xe la siora Bennet che la provedi a ingrumar ogni omo del rion? No me son mai iscrita su un sito de incontri e no voio cominciar deso. 

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