Tecnica e composizione
In Navi abbandonate, Barbara Mapelli impiega la pittura a olio con maestria per rendere la materia pittorica viva e pulsante. I colori vibranti — verde muschio, rosso ruggine, blu profondo — sono stesi con vigore sulla tela per descrivere le superfici corrose delle due imbarcazioni arenate. La resa dei dettagli, dalle venature del legno ai riflessi metallici dei cavi, rivela uno studio attento della luce naturale, che contribuisce a trasmettere la sensazione di degrado, ma anche di dignità residua. La composizione è fortemente narrativa: le due barche, inclinate e ormai inutilizzate, occupano quasi tutta la scena, diventando protagoniste assolute, mentre il paesaggio retrostante si riduce a un fondale che suggerisce l’isolamento e la solitudine.

L’espressione dell’interiorità
Quest’opera comunica un sentimento profondo di malinconia e riflessione sul tempo che passa. Le barche, un tempo strumenti vitali, ora giacciono immobili, corrose ma ancora fiere. Il loro abbandono è un simbolo dell’uomo e del suo destino: ciò che è stato utile e vivo può diventare reliquia, traccia silenziosa di storie vissute. Mapelli riesce a infondere in questi scafi uno sguardo umano, trasformando la materia in soggetto emotivo. L’opera non è solo paesaggio, ma introspezione: le navi parlano dell’abbandono, della memoria e della fine, ma anche della bellezza che persiste nella rovina.
Collegamenti e ispirazioni artistiche
Il linguaggio pittorico di Mapelli in questo lavoro richiama, per forza espressiva e resa materica, le marine di John Constable, dove la natura è presenza viva e non solo cornice. Tuttavia, la simbologia dell’abbandono richiama la poetica di Caspar David Friedrich, che spesso affidava a ruderi e relitti il compito di esprimere l’inquietudine romantica dell’animo umano. Anche i colori accesi e la vitalità della pennellata possono ricordare alcuni lavori di Van Gogh, soprattutto nel modo in cui la pittura sembra “scolpire” la superficie, rendendola quasi tridimensionale.
Il significato dell’opera
Navi abbandonate può essere letta come una meditazione sul tempo, sulla funzione e sul valore della memoria. Nonostante l’abbandono, le imbarcazioni conservano una presenza imponente, quasi monumentale. La natura che le circonda non le ha inghiottite, ma sembra volerle conservare, come un altare a ciò che è stato. Il messaggio è duplice: da un lato si avverte il dolore della perdita, dall’altro la bellezza dell’imperfezione e del ricordo. È un invito a guardare ciò che resta non come ciò che manca, ma come ciò che ancora può raccontare.

